AWI – ARTWORKERS ITALIA (IT)

Questa emergenza di coronavirus, assieme alla conseguente crisi economica, ha messo a nudo i punti deboli dell’Italia. Oltre alla sanità e al lavoro, ha portato a galla le problematiche di un sistema già fragile e poco considerato dalla politica: quello degli Art Workers. Professionisti sottopagati, costretti a lavori discontinui, non in regola, spesso con orari assurdi, che si trovano da marzo quasi completamente abbandonati (quasi, perchè qualcuno per fortuna ha ricevuto i bonus dello Stato). Il problema principale è che questa categoria non è riconosciuta e regolarizzata: se sei un architetto o un ingegnere hai un ordine professionale e quindi sei iscritto ad un albo, se sei un artista o un designer no.

A fronte di questa situazione si è creato nel marzo 2020 un movimento spontaneo, partito “dal basso”, chiamato AWI – ART WORKERS ITALIA che si pone come obbiettivo l’opposizione a tutte le forme di sfruttamento e deregolamentazione, avanzando proposte concrete. AWI leggiamo, è un “gruppo informale, autonomo e apartitico, di lavoratrici e lavoratori delle arti contemporanee, formatosi su base partecipativa”. L’iniziativa è partita da un gruppo Facebook e conta quasi 4 mila membri. Nella data simbolica del 1° maggio 2020 AWI ha lanciato il proprio sito web contenente il manifesto e i principi che regolano il gruppo.

Si legge nello statuto. “Siamo [ART WORKERS]: artiste, performer, curatrici, assistenti curatori, ricercatrici, educatori museali e mediatrici culturali d’arte, allestitori, producer, tecnici dell’illuminotecnica e del suono, registrar, videomaker, critiche d’arte, art writer, storici dell’arte, guardasala, trasportatrici, assistenti di galleria, project manager, consulenti, coordinatrici, restauratori, grafici, illustratrici, fotografe, animatori, assistenti di studio, comunicatrici, social media manager e addetti ufficio stampa”.

…”La criticità della situazione, unitamente all’aumento della richiesta di contenuti digitali non retribuiti durante la quarantena da parte di enti pubblici e privati, ha fatto emergere con chiarezza alcune [PROBLEMATICHE STRUTTURALI] del settore.
Il nostro lavoro è prevalentemente contraddistinto da modalità contrattuali atipiche e intermittenti, e da una diffusa [PARCELLIZZAZIONE] e [DISCONTINUITÀ] dell’impiego che spesso degenera in [PRECARIATO]. La mancanza di enti di tutela specifici indebolisce altresì il nostro potere contrattuale e, unitamente a compensi spesso non adeguati agli orari e alla qualità del lavoro svolto, nonché al grado di formazione e all’esperienza richiesta, rende la nostra condizione lavorativa estremamente [VULNERABILE].”

…”Le lavoratrici e i lavoratori dell’arte contemporanea sono presenti in maniera capillare e stratificata a tutti i livelli della produzione culturale nazionale e internazionale, con un impatto significativo sulla [COESIONE SOCIALE], la crescita intellettuale e civica delle [COMUNITÀ] e con importanti ricadute economiche sui territori.
Con questo manifesto [AWI] compie un primo fondamentale passo per uscire da una condizione di [INVISIBILITÀ] ingiustificata e inaccettabile, nella direzione di un pieno riconoscimento civile e politico delle specificità e del ruolo fondamentale svolto dalle professioniste e dai professionisti dell’arte contemporanea all’interno delle dinamiche locali e globali della produzione culturale.”

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