COVI/DESIGN #2 (IT)

Eccoci al secondo articolo della rubrica Covi/Design, voluta per analizzare insieme con sguardo critico alcuni dei progetti di questo periodo. In questo momento designer e architetti si stanno interrogando sulle possibili soluzioni per fronteggiare questa crisi. Uno dei temi caldi, di cui abbiamo già parlato, è il distanziamento sociale. Una delle possibili soluzioni su cui si lavora è quella dei dispositivi di sicurezza, personali e non, che oggi riaffrontiamo con alcuni progetti e una riflessione generale.

Chiamato ufficialmente Covid Socializing Tools, la collezione è prodotta da Fusina Lab e disegnata da Matteo Cibic Studio, è composta da sette divisori in alluminio e perspex (plexiglas) trasparente disponibili in varie forme e dimensioni, il costo va dai 96,00 euro del “Cov – Dining Table Divider” ai 1830,00 euro di “Solanio – Room Divider”.
Sono pensati per essere utilizzati in luoghi di aggregazione come ristoranti, bar, centri estetici e uffici. Racconta Matteo Cibic in un’intervista “Non mi sarei mai aspettato che i divisori potessero diventare l’elemento chiave della socializzazione del futuro. Ho disegnato una soluzione smart ed elegante per tornare a socializzare nelle fasi meno acute della pandemia, per trascorrere tempo con i colleghi e gli amici”.

Nonostante il prodotto sia per un target specifico – la maggior parte dei ristoranti, bar, centri estetici e uffici hanno difficoltà a pagare gli affitti, comprare uno stock di Covid Socializing Tools potrebbe essere un problema serio – non possiamo limitarci a indicare come soluzione smart dei divisori in plexiglas.

Ultimamente vediamo sempre piu prodotti del genere: Caimi Brevetti ha creato un nuovo progetto, Caimi Safe Design, composto da divisori già presenti nel catalogo ma rivisti e riprogettati per nuove necessità. Rispetto a quelli in plexiglass sovracitati però, per fortuna, alcuni di questi modelli presentano tessuti BIOATTIVI con ioni d’argento che creano un effetto antimicrobico permanente.
Tornando sui dipositivi personali di protezione possiamo aver letto di Soffio, una visiera (face-shield) gonfiabile in PVC disegnata da MARGstudio, Alessio Casciano Design e Angeletti Ruzza. Il newyorkese Joe Doucet invece ha presentato un concept design che trasforma i PPE (personal protective equipment) in un accessorio di moda, da essere utilizzato come un paio di occhiali. E così via…

I prodotti citati sono diversi e hanno target differenti, ma sono stati pensati per il cittadino, per la cosiddetta fase 2 dell’emergenza, e sono simili per un altro aspetto: rispondono alle necessità di visibilità dell’azienda o di creare un prodotto fisico da comprare, in cui l’utente possa anche riconoscersi. Così sceglierò quei divisori anzichè gli altri o quel dispositivo di protezione invece che un altro… Perchè non stiamo progettando una mascherina universale, accessibile a tutti?

A questo punto però non è forse giusto chiedersi se questo tipo di progettazione, che prevede ancora la produzione di altri oggetti da comprare e mettere sul mercato e riciclare, funzioni ancora?
Se non possiamo tornare alla normalità non possiamo nemmeno permetterci di avere nel giro di un anno collezioni aziendali di divisori e dispositivi di protezione legati all’emergenza Covid, magari in plastica e difficili da riciclare. Non possiamo sfruttare questa crisi come fosse un nuovo trend: l’emergenza richiede e richiederà l’aiuto di progettisti, ma non per soluzioni targetizzate o di mercato, per una risposta globale congiunta, in cui tutti possiamo trovare una nuova normalità.

Aggiungo una cosa, purtroppo questo problema non è legato solo agli studi o ai progettisti, ma anche allo Stato in cui operiamo. Come altre professioni, abbiamo bisogno di arrivare a fine mese e spesso la produzione di un oggetto è più veloce, reale e remunerante che la riprogettazione di un sistema urbano/economico/di sviluppo consolidato. Forse se ci fossero abbastanza sostegni economici e aiuti per tutti potremmo veramente fermarci e iniziare a pensare a come possiamo ritrovare una visione di benessere collettiva, invece che correre a progettare il divisorio cool da vendere.

Non sarebbe bello immaginare tutti insieme il futuro che vogliamo?

V

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