COVI/DESIGN #7 (IT)

Come anticipato nello scorso articolo, in cui abbiam parlato di casa, oggi ci occupiamo di produttori, aziende e innovazione, e concludiamo con una riflessione di MAIS Project.
Questa crisi ha colpito duramente il settore, non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Non si tratta solo della cancellazione di eventi, ma anche la spedizione di componenti dall’estero, la possibilità di accogliere il cliente in showroom, l’esperienza retail, ecc…

Per contrastare questo momento ci sono state iniziative in tutto il mondo. In Spagna per esempio è stato creato RED – Reunión de Empresas Españolas del Diseño che ha redatto un manifesto firmato dalle quindici principali associazioni di settore della Spagna. Nel testo,“si afferma di stabilire un canale di dialogo stabile e più ampio tra il governo e le aziende per essere in grado di fornire idee e soluzioni che contribuiscano alla ricostruzione sociale ed economica del paese”, si legge nella nota stampa ufficiale di RED (1). Che cosa succede invece da noi, in Italia?

Il problema principale qui è stata la cancellazione del maggiore evento (non italiano ma mondiale) del mondo del design, il Salone del Mobile + FuoriSalone, una sette giorni di appuntamenti che secondo i dati della Camera di Commercio di Milano genera un indotto da 350 milioni di euro (2). Questo ha provocato la perdita istantanea di investimenti fatti dalle aziende e dagli studi, ma anche i possibili ricavi che il Salone può portare. Il periodo di quarantena poi ha dato il colpo finale, con perdite e calo degli ordini anche oltre l’80%: l’impossibilità di spostarsi e viaggiare ha bloccato in automatico il mondo contract con alberghi e ristoranti vuoti (3). Il commercio al dettaglio si è quasi azzerato, mentre lo shopping online è triplicato rispetto al 2019, ma solo per cibi e prodotti per la casa, per il corpo, per gli animali.(4)

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Come hanno reagito le aziende di arredo design italiane? Prima di tutto c’è un cambiamento radicale che è stato affrontato e cioè lo smart working, di cui abbiamo già parlato la scorsa settimana. In un’intervista a Domus (5) intitolata “Le cose che il Covid-19 cambierà per sempre, secondo gli imprenditori dell’arredo” che vi invito a leggere, prendono direttamente la parola i protagonisti delle aziende. Riassumo:

Il Managing Director di UniFor, Carlo Molteni, racconta come, lavorando a una gara d’appalto importante, si sono ritrovati a cercare la figura di site project manager e a gestire il progetto a distanza, principalmente via zoom, con successo.
Giulia Molteni, Head of Marketing and Communication di Molteni&C Group, parla dell’accelerazione del cambiamento digitale con nuovi servizi come Molteni@home e molto altro. Lo stesso fa Andrea Margaritelli, Brand Manager di Listone Giordano.
Patrizia Moroso, Art-director di Moroso, racconta come l’azienda ha iniziato a sperimentare con start up italiane l’utilizzo di materiali innovativi a basso impatto ambientale per sostituite poliuretano e poliestere dal rivestimento e dall’imbottitura dei sistemi di seduta. L’operazione è definita un “tema cruciale” per l’era post Covid. “Non si può cambiare tutto dall’oggi al domani ma se cominciamo a usare materiali ‘buoni’ il loro costo si abbasserà a fronte di un utilizzo estensivo”. Speriamo che queste nuove collezioni siano sostenibili anche economicamente.
Gregg Buchbinder, AD di Emeco, parla di consumi più sostenibili mentre Carlo Urbinati, presidente di Foscarini, si focalizza su un cambio di storytelling, dal prodotto alla relazione uomo-ambiente.

Qualche giorno dopo è uscito un vero e proprio manifesto (6), cito AD:“Il primo risultato tangibile del gruppo (tra cui compaiono B&B Italia, Bisazza, Boffi, Cappellini, Cassina, Flexform, Giorgetti, Minotti, Molteni Group, Poltrona Frau.) è stato un documento redatto ormai 2 settimane fa come richiesta di moratoria sul prezzo degli affitti per tutti gli immobili commerciali attualmente chiusi. Le aziende hanno proposto di giungere ad un accordo che riducesse del 50% il costo degli affitti da Aprile a Dicembre 2020. … Il principale obiettivo oggi del gruppo, e dell’intero settore, è quello di garantire la ripresa produttiva prevista oggi per il 20 Aprile anziché il 4 Maggio come è attualmente previsto.”

Un approccio ben diverso dalla Spagna. Senza un sostegno adeguato, qui la necessità di produrre e ricominciare a fatturare diventa necessaria, e purtroppo ancora una volta non sfruttiamo questo momento per fermarci a riflettere e provare a ripensare anche a cosa vuol dire produrre e consumare. La crisi ha portato (FINALMENTE) alcune aziende a considerare il tema della sostenibilità, ma basterà? Arriviamo da un periodo segnato da una produzione esagerata di arredi uguali, in cui l’unica cosa modificata è la finitura o il dettaglio. Cambierà qualcosa?
Probabilmente no. Il blocco di alcune catene di produzione, a causa di componenti prodotti all’estero e bloccati dalla pandemia, dovrebbe far riflettere molto e suggerire un comportamento più sostenibile.

Ho quindi chiesto un’opinione a MAIS Project (Isato Prugger e Matteo Mariani), giovane studio con sede a Monza che si occupa di innovazione. La riflessione che è nata è molto interessante: questo evento può essere riconducibile alla Teoria del cigno nero, una metafora che descrive un evento sistemico e finanziario non previsto ma con effetti rilevanti e che, a posteriori, viene giudicato prevedibile. In questi momenti il primo settore in cui l’azienda tende a non investire più è proprio l’innovazione, a favore del lato commerciale che può garantire un guadagno sicuro. Anche la prototipazione e la possibilità di comprare pezzi dall’estero diventa un problema (MAIS Project stesso ne è stato colpito): se prima bastavano pochi giorni e un aereo di linea, ora bisogna riuscire a trovare chi spedisce e sperare che il materiale non venga fermato alla dogana, quindi più tempo e più denaro speso. La globalizzazione come la conosciamo ha quindi subito un collasso e ha evidenziato i propri punti deboli.
Forse però è proprio dall’innovazione che potremmo ripartire: dovremmo puntare più sul locale, in modo da valorizzare il nostro artigianato che sta morendo, abbassare le emissioni di CO2 inutili e contribuire alla richezza del luogo in cui ci si trova. Bisognerebbe valorizzare le economie circolari e anche aumentare gli investimenti e innovare i nostri sistemi, magari provando a introdurre soluzioni ibride e nuove produzioni.
Tutto questo sarebbe molto bello, ma implica tempo, denaro e anche la presenza della politica. Ricordate la Spagna?

Qui sotto una galleria di prodotti creati dagli scarti industriali.

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