DEBONADEMEO, segni, prodotti, emozioni

Luca De Bona e Dario De Meo, fondatori dell’omonimo studio DEBONADEMEO e rispettivamente architetto e designer, si incontrano tra Milano e Padova e iniziano una collaborazione che attinge ispirazione dal tema del viaggio producendo segni e disegni in risposta alle esigenze dell’habitat contemporaneo. Collaborano con prestigiose aziende di arredo, illuminazione, decorazione occupandosi di direzione artistica, ideazione di concept e sviluppo di prodotti. Una ricerca su micro e macro scala che rilegge e fonde vari ambiti: architettura, design, grafica e arte, per creare ambienti e oggetti innovativi capaci di raccontare storie ed emozionare.

Quando avete deciso di aprire lo studio Debonademeo? C’è stato un progetto, un momento particolare?

Nonostante siamo entrambi cresciuti in Veneto, ci siamo conosciuti per caso a Milano frequentando amici comuni e partecipando a qualche evento e aperitivo. Abbiamo subito scoperto un’affinità di pensiero, un comune senso di curiosità e un ritmo lavorativo simile. In maniera istintiva abbiamo quindi deciso di unire le forze e le menti per proporre un modo di fare design che non seguisse le regole o i trend, ma derivasse dalla nostra visione del mondo: connettere materiali e sensazioni per definire forme utili nel senso pratico o solo percettivo del termine. Dopo i rispettivi percorsi di studi e le prime collaborazioni lavorative, nel 2014 abbiamo deciso di sviluppare insieme un brief ricevuto dalla Karman. Inizialmente la nostra scrivania corrispondeva al tavolo di casa o di un bar, al sedile dell’auto, del treno… a metà 2015 abbiamo deciso di aprire lo studio di Padova.

Come lavorate insieme? Siete complementari o opposti?

Abbiamo due percorsi personali e accademici diversi, Dario arriva dal Politecnico di Milano dove ha studiato Disegno Industriale mentre Luca dallo IUAV di Venezia, dove si è laureato in Architettura. In fase progettuale le competenze e le attitudini si fondono. Entrambi siamo diventati designer per dare sfogo al bisogno di esternare quei pensieri che ci frullano in testa appena ci approcciamo alla realtà. Per dare loro forma, un nome e lasciare che si facciano strada incontrando i bisogni della gente, le leggi del mercato, sfidando o assecondando il tempo, le mode.

Non esiste un metodo, un’idea vincente o un processo creativo canonico. Dopo un’approfondita conoscenza del committente, della sua storia e della filiera produttiva, iniziamo a chiacchierare, a sovrapporre pensieri e geometrie, memorie storiche e artistiche a proiezioni future. Le idee diventano scambi di opinioni e le parole diventano segni sulla carta: schizzi, appunti, grafiche che si mescolano in un concept a quattro mani. A quel punto inizia lo sviluppo, l’analisi di fattibilità e si inizia a delineare il carattere del progetto che diventerà prodotto.

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Una giornata tipo nei due studi Debonademeo, a Milano e Padova.

Padova è la città in cui viviamo abitualmente e che ci permette di raggiungere a poca distanza la maggior parte dei produttori, dei terzisti presso i quali verificare tutte le fasi di realizzazione. Raggiungere lo studio ogni mattina significa attraversare una città antica e ricca di tradizioni. A Padova la postazione dello studio si dilata fino a raggiungere le piazze animate o il tavolino di un bar, dove sorseggiare uno spritz significa dialogo, scambio e buone intuizioni progettuali.

Milano è la città dei desideri che si avverano, un meraviglioso libro di storia dell’architettura e del design a cielo aperto, un incontro di culture e visioni, laddove lo studio diventa luogo di appuntamenti ufficiali e posizione privilegiata dalla quale vedere cosa accade nel mondo e dalla quale seguire il lancio delle nostre idee e percepire la prima reazione del pubblico.

Avete esperienza nella progettazione di diverse tipologie di arredo e complemento, dalle lampade agli imbottiti. Ci parlate della vostra idea di habitat contemporaneo?

La parola habitat ha in sé molteplici significati che definiscono perfettamente lo scenario in cui ci piace immaginare l’uomo contemporaneo. Tra le forme d’arte, infatti, l’architettura è l’unica a poter essere “abitata”, questo le consente di detenere valore estetico, ma anche di fungere da contenitore capace di raccontare l’anima di ciò che contiene. ll design deve essere sempre più aderente alle unicità, interpretabile, duttile, sostenibile… solo così può contribuire concretamente alla creazione dell’habitat inteso sia nella sua accezione di abito aderente alle esigenze psicofisiche dell’individuo, sia come luogo abitato, vissuto, fruito. Ogni progetto ha una genesi unica. Può nascere da una richiesta, da un’intuizione, da un evento, da una necessità. Ci piace da sempre definire il nostro metodo progettuale come un Hic et nunc. Questa locuzione latina, che significa “qui e ora”, rappresenta appieno il nostro approccio che non segue regole precise, ma è figlio del momento. Rispecchia uno stato d’animo, la condizione sociale, l’attualità del presente inteso anche come tensione al futuro e nostalgia del passato. I nostri lavori sono come un fotogramma che congela un processo in divenire, racconta una storia che fonde ispirazioni antiche a tecnologie d’avanguardia, la rende tangibile, fruibile. Così le idee prendono forma e provano a rispondere ai bisogni inespressi della società che ci circonda attraverso oggetti verso i quali instaurare rapporti di emozione, fascinazione, attrazione.

Secondo voi l’industrial designer come può rispondere all’attuale crisi di materie prime e rincari dei prezzi?

Il designer è da sempre una figura eclettica, capace di mettere insieme forme e concetti che fino a quel momento sembravano distanti tra di loro. Questa predisposizione potrebbe essere la chiave per generare nuove soluzioni, nuovi processi in grado di stravolgere le filiere attuali innescando cosi proiezioni di futuri possibili. L’industrial designer oggi dovrebbe essere colui che traina nuove tendenze genuine, anche se in realtà molto spesso è colui che le segue, e questo comporta adattamento a metodi e processi classici onerosi e non corrispondenti alle necessità attuali. Pensiamo che un designer oggi dovrebbe iniziare a guardare un po’ più da lontano il prodotto, non focalizzandosi solamente su estetica e funzione, ma andando oltre, garantendo a quell’oggetto una filiera sostenibile, economica e ottimizzata in modo da assicurare costi bassi e di conseguenza prezzi adeguati. Ci rendiamo conto, guardando molti oggetti, sicuramente bellissimi, che questo è dovuto all’utilizzo di materiali e lavorazioni molto costosi e spesso ci chiediamo come si possa arrivare ad ottenere certi risultati con materiali più semplici e lavorazioni basilari. Questa è sicuramente una bellissima sfida che il designer deve e dovrà affrontare per garantire sia un futuro al design inteso come strumento per vendere un prodotto, sia per continuare a sostenere la cultura del progetto intesa come la capacità di interpretare la società attraverso la progettazione di oggetti.

In conclusione pensiamo che l’industrial designer possa rispondere all’attuale crisi di materie prime e rincari dei prezzi pensando, prima di disegnare, non solo a sé stesso e a quanto è bella la sua idea, ma soprattutto se la sua idea può in qualche modo migliorare lo stato dell’arte. Tutto questo l’industrial designer lo può fare se supportato da aziende capaci di guardare il futuro in modo diverso, pronte a scommettere su qualcosa che fino a quel momento non esisteva.

A che cosa state lavorando adesso?

Gli eventi che hanno caratterizzato l’attualità hanno sovvertito le regole produttive e il rapporto tra domanda e offerta nel settore design. Le aziende con cui collaboriamo hanno subito dei cambiamenti di identità che si sono riversati nel tipo di oggetti da proporre al pubblico. Ci siamo ritrovati a operare nei settori più disparati, dal tessile alla ceramica, ai materiali fonoassorbenti, seguendo un ritmo non più dettato da un calendario canonico, ma dalle esigenze di una nuova forma di marketing. Da un lato riscopre tradizioni e artigianato fino a invadere il mondo dell’arte e dall’altro necessita di prodotti percepibili attraverso lo schermo di un device elettronico. Il nostro lavoro si sta concentrando su prodotti di uso comune (illuminazione, imbottiti, complementi…) che interpretino questi trend, tutelando le specificità dei brand e proiettandoli a un futuro tanto innovativo quanto bisognoso di comfort, emozione, pragmatismo e sostenibilità.

Per maggiori informazioni sullo studio Debonademeo visitate il sito e seguitelo su Instagram!

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