FLOWER MATTER, Irene Purasachit ripensa gli scarti dei fiori

Irene Purasachit è una designer di origine Thai che attualmente vive e lavora in Finlandia. Ha da poco concluso il Master of Arts, Contemporary Design presso la Alvar Aalto University e si definisce product designer, nel senso più ampio del termine. Essere una product designer per lei non significa solo progettare prodotti, ma sperimentare in diverse aree del settore, fino al design concettuale. Ultimamente il suo lavoro si concentra sulla sperimentazione di materiali naturali e sui temi ambientali e della sostenibilità. Non a caso il suo ultimo progetto, Flower Matter, parte proprio dagli scarti dell’industria dei fiori.

Sinonimo di bellezza in tutto il mondo, i fiori stimolano tutti i sensi e ci portano gioia, ma hanno una vita incredibilmente breve. Vengono piantati, selezionati, tagliati e trasportati giornalmente in tutto il mondo, a milioni, pronti per diventare regali preziosi per i propri cari o squisite decorazioni, prima di finire definitivamente nelle discariche. Dalla ricerca di Irene si evince che circa il 40% di fiori coltivati ​​commercialmente vengono gettati via prima di raggiungere i consumatori. Come caso studio, a Bangkok in Thailandia, dove l’uso eccessivo dei fiori è parte dello stile di vita locale, si trova Pak Klong Talat, un mercato dei fiori con oltre 500 venditori che funziona 24/7. Il mercato genera circa un metro cubo a settimana di rifiuti floreali per negozio, oltre 10 tonnellate di fiori di scarto al giorno. La cosa assurda è che questi vengono gettati via con la loro confezione intatta, quindi non sono considerati rifiuti organici e possono solo finire in discarica o essere inceneriti.

La domanda (da brava designer) che si pone Irene è quindi, se potessimo prolungare la vita di questi fiori scartati? Se potessimo utilizzarli come un materiale biologico?

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Flower Matter è una ricerca in corso che punta a valorizzare in maniera sostenibile i rifiuti floreali. Il progetto agisce su più fronti, non solo trasforma gli scarti in diversi materiali ecocompatibili, ma evita che dei rifiuti riciclabili vadano nelle discariche, togliendo volume al flusso totale, e offrendo circolarità al settore. Poiché i fiori sono essenzialmente piante, steli e foglie producono fibre. I petali contengono meno fibre ma hanno un colore vibrante che può essere trasformato in pigmenti. Queste due basi possono quindi diventare un numero illimitato di materiali a base biologica. Un esempio concreto è stato presentato alla Dutch Design Week 2021, presso la Pennings Foundation, per la mostra Only Good News, organizzata da Isola Design District, in cui c’era anche Keeplife, il materiale composito creato dai gusci della frutta secca, di Pietro Petrillo e Ilaria Spagnuolo.

Per l’occasione Irene ha mostrato tre diversi materiali con applicazioni differenti. Parlando di circolarità del settore, se la carta per i fiori fosse fatta dai fiori? Composta al 100% dalla polpa di vari steli e foglie, questa tipologia di carta è completamente naturale, non ha additivi e contiene solo le fibre. Un altro materiale che può essere creato da questi scarti è la spugna per i fiori. Utilizzato per le composizioni (tipica spugna verde), questo materiale può essere composto al 100% da fibra di stelo di fiori, principalmente garofano e iris. Il materiale ha la stessa funzione della schiuma floreale, assorbe acqua, ha la capacità di trattenere i fiori, ma è biodegradabile costituito al 100% dal fiore, senza microplastiche. L’ultima sperimentazione, che mostra tutto il potenziale di Flower Matter, è Flaux, definito dalla designer come un tessuto non tessuto/ un foglio flessibile/ un materiale simile alla pelle. Contiene petali di fiori (principalmente rosa e garofano) come ingrediente principale e un agente colorante (completamente naturale).

Flaux è anche stato declinato in alcuni prototipi, una piccola pochette e un set di portamonete, come prova della capacità del materiale di poter essere trasformato anche in prodotti lifestyle. Poiché Flaux è stato sviluppato con l’obiettivo di essere potenzialmente implementato nel panorama tessile, Irene ha utilizzato fili e cerniere standard, disponibili in qualsiasi negozio. Inizialmente ha sperimentato con la cucitura a mano, mentre i pezzi finali sono cuciti a macchina.

Come molti altri progetti che si occupano del recupero e della sperimentazioni di scarti materiali organici, Flower Matter ci mostra ancora una volta come qualcosa che consideriamo “rifiuto” possa invece avere nuova vita e possa addirittura contribuire alla circolarità del settore. Per maggiori informazioni visita il sito di Irene Purasachit e seguila su Instagram!

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