IL FUTURO DEL DESIGN IN ITALIA

Si dice che dalle crisi nascano opportunità ma a quanto pare in questo momento il Design in Italia non riesce a sfruttare la situazione a proprio vantaggio e anzi, sembra annegare. Già l’anno scorso il settore ha subito gravi perdite, proprio per lo spostamento e poi l’annullamento del Salone del Mobile 2020 e degli eventi correlati. Per dare un’idea, si tratta della manifestazione più importante a Milano, che produce un indotto di centinaia di milioni di euro in una settimana.

Il 2021 dovrebbe essere l’anno della ripartenza e il Salone del Mobile, spostato da aprile a settembre, dovrebbe festeggiare il 60esimo anniversario. Una buona occasione per dimostrare la resilienza del comparto e la voglia di ripartire, e invece no. L’edizione 2021 è a rischio e molte aziende italiane non hanno aderito all’evento. Lo stesso Claudio Luti si è dimesso dalla presidenza del Salone del Mobile perchè “si e’ evidenziata la volonta’ da parte delle aziende di rinunciare a partecipare al Salone di settembre, rendendo difficoltoso dar vita a una manifestazione di qualita’, rappresentativa del Settore nel suo insieme”. Come spiega Luti, le decisioni sono da rispettare ma non va bene che alcune aziende decidano di non fare squadra, senza provare nemmeno a trovare un percorso comune.
Senza il Salone, la situazione a Milano potrebbe essere talmente disastrosa che il giorno dopo è intervenuto il sindaco Beppe Sala con un video che suona più come un grido di aiuto che non come una spinta motivazionale. Per farla breve, secondo lui il design ha sofferto meno di altri settori, ed è giusto che a settembre l’evento si faccia, nonostante sia certo che i guadagni non saranno mai paragonabili a quelli di due anni fa. Un messaggio strano che non convince molto nelle intenzioni.

Il problema non è trovare il colpevole o puntare il dito. Sicuramente molte aziende leader del settore hanno subito perdite, ma non comparabili ad altri competitors, così come in tutti gli altri campi. In generale i design brand preferiscono non investire in questa situazione di insicurezza. Non ci sono ancora protocolli sicuri per garantire la nostra incolumità e in generale ci troviamo in un momento incerto che, nonostante sia segnato da una campagna vaccinale mondiale, non dà alcuna sicurezza per il futuro. La situazione però preoccupa tanto perchè non influisce solo sul settore, ma su tutti i lavoratori coinvolti, agenzie di comunicazione, allestitori, tassisti, albergatori e anche ristoranti e musei. Per il secondo anno di fila si perderebbero cifre pari a 200 milioni di euro.

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Cosa abbiamo fatto nel frattempo? E cosa stiamo aspettando? Credo che l’insicurezza generale sia giustificata anche dall’incapacità di trovare soluzioni all’avanguardia. Il 2020 ha visto il boom di nuove piattaforme e progetti digitali, un esempio è la Milano Design City, conclusasi da poco. Durante la settimana, agli eventi e mostre fisiche, poche e mal comunicate, si sono alternate mostre digitali e eventi su piattaforme online. Da quello che ci hanno raccontato alcuni designer, una pagina su un sito non dà la stessa visibilità di una mostra fisica, quindi nonostante i prezzi abbastanza alti (partiamo dai 200 euro fino ad arrivare alle migliaia di euro), l’investimento non ha un ritorno concreto. A queste soluzioni si affiancano vere e proprie gallerie online con foto panoramiche o spazi in realtà virtuale che permettono di vedere i prodotti e a volte anche percorrere gli allestimenti. In entrambi i casi l’effetto non è quello desiderato. Da una parte abbiamo uno spazio virtuale che per quanto sia accattivante, è virtuale appunto. Dall’altra invece abbiamo delle foto panoramiche in cui muovendo il cursore posso vedere quello che ho attorno, con tutte le problematiche correlate: oggetti distorti, prospettive strane, luci e allestimenti non adatti al materiale. In generale sono delle soluzioni rapide che pretendono di dare un servizio simile alla mostra reale, in questo caso però mancano dei fattori fondamentali per il design: l’esperienza materica, la fruizione dell’oggetto attraverso i sensi, il racconto del designer, il contatto umano. A questo punto arriva la seconda domanda: cosa stiamo aspettando?

Il design per definizione è creatività, ma sembra quasi impossibile uscire da questa situazione, perchè? Come abbiamo detto, il problema principale sono i soldi e il momento di incertezza. A questo si aggiunge un possibile Salone del Mobile 2022 ad aprile, cosa che significherebbe un lavoro no stop da aprile 2021, in preparazione al Salone dello stesso anno, e troppi investimenti. Forse il problema è stato non rischiare, focalizzandosi sugli stessi format fisici e digitali, senza veramente creare qualcosa di innovativo. Filmati, e-commerce, realtà aumentata, sono soluzioni già viste. Sicuramente è difficile trovare una nuova alternativa che possa soddisfare gli interessi di tutti e portare gli stessi profitti, ma abbiamo provato a cercarla? In un momento come questo poi la vera domanda è, ma questi profitti non sono forse il risultato di quella normalità tossica, basata su una crescita infinita, a cui molti non vorrebbero tornare?

Ultimamente ho sentito molto la parola generosità e credo possa essere la chiave vincente di questo momento. Prima di tutto bisognerebbe cambiare l’idea di profitto che abbiamo, magari avvicinarla di più ai principi dell’approccio Cradle to cradle, cercando quindi di essere generosi verso l’ambiente che ci circonda. Avremmo bisogno di un modello produttivo ed economico basato sulla specifica domanda del cliente, evitando sprechi e il modello usa-e-getta.
Parlando di fiere ed eventi poi, dovremmo essere generosi tra noi, in un momento come questo è difficile credere che aziende leader del settore preferiscano scappare piuttosto che provare a trovare una soluzione, ma c’è anche da dire che il settore del design in Italia è poco considerato da Stato e istituzioni. Nel 2017 un terzo del fatturato mondiale del settore, cioè 32 miliardi, era made in Italy. Un anno fa la crisi ha visto chiudere sei artigiani su dieci, secondo la Cgia di Mestre. Come possiamo tenere alto il made in italy se i protagonisti non hanno la possibilità di condividere la propria conoscenza? Forse alla parola generosità dovremmo affiancare anche territorio. E se puntassimo sull’Italia come ha fatto il turismo nel 2020? Eventi come il Salone e il Fuorisalone sono esempi di rivalutazioni importanti: durante la settimana infatti vengono aperti molti palazzi storici in cui le aziende partecipano attraverso ristrutturazioni e allestimenti mentre i designer portano i contenuti. Si creano sinergie uniche e in città le possibilità sono infinite.

Questo articolo vuole stimolare una discussione tra le parti. Abbiamo bisogno di un dialogo inclusivo in cui si ridiscuta anche il valore del design, non più come strumento di marketing ma come motore per il cambiamento sociale ed ambientale che stiamo cercando. Tutto questo però è possibile solo con l’aiuto di tutti, dagli addetti al settore alle istituzioni.

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L’articolo è stato scritto una settimana fa, ma durante la stesura sono stati pubblicati degli aggiornamenti: il Salone si farà, non in versione ridotta ma “inedita”. Le aziende e i designer infatti saranno presenti con prodotti inediti o realizzati negli ultimi 18 mesi. Il coordinamento e la realizzazione dell’evento saranno affidati “a un curatore di fama internazionale”, come si legge nel comunicato diffuso dal Salone stesso. Una soluzione rapida che non toglie il problema degli investimenti e dell’edizione 2022, ma a questo punto non ci resta che aspettare settembre!

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