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Mancano ancora due anni, ma nel 2024 potremmo vedere la prima bozza di un trattato ONU che regolerà la produzione di plastica e il suo inquinamento su scala internazionale. Due settimane fa infatti, all’Assemblea delle Nazioni Unite per l’Ambiente a Nairobi, in Kenya, 175 paesi hanno approvato la risoluzione che vedrà le nazioni elaborare una serie di regole e obiettivi universali per porre fine ai rifiuti di plastica. Il trattato riguarderà l’intero ciclo di vita di questo materiale.

Ad oggi, il mondo ha generato più di sette miliardi di tonnellate di rifiuti di plastica. Di questi, solo il 9% è stato riciclato. Un altro 12% è stato incenerito, rilasciando nell’atmosfera i combustibili fossili in esso contenuti e contribuendo al riscaldamento globale. Ma la stragrande maggioranza, circa il 79 per cento di tutta la plastica mai prodotta, si sta attualmente accumulando nelle discariche e inquinando l’ambiente, danneggiando la vita marina e scomponendosi in microplastiche, di cui sono state trovate tracce persino nel ghiaccio artico e nella placenta dei bambini non ancora nati. Il problema è destinato a peggiorare poiché si stima che l’inquinamento da plastica triplicherà entro il 2040.

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La risoluzione discussa all’Assemblea delle Nazioni Unite per l’Ambiente prevede che l’accordo finale dovrà regolamentare non solo la raccolta e il riciclaggio dei rifiuti, ma anche la progettazione e la produzione di plastica al fine di ridurre al minimo l’inquinamento causato in ogni fase del ciclo di vita. Questo approccio è stato supportato da numerose aziende tra cui Coca-Cola, PepsiCo, Nestlé e Unilever, che i sondaggi hanno regolarmente rilevato essere i peggiori inquinatori di plastica al mondo.

Questo nuovo trattato andrà anche a impattare sul mondo del design, che negli ultimi anni ha già fatto qualche passo in questa direzione: tra gli esempi più famosi c’è la sedia Bell di Konstantic Grcic per Magis, prodotta in polipropilene riciclato ottenuto dagli scarti di produzione della stessa azienda e da quelli della locale industria dell’auto; Adell di Lievore + Altherr Désile Park per Arper, con la sua scocca in polipropilene riciclato all’80%. Gjenge Makers invece utilizza gli scarti come una risorsa, per creare da zero nuovi prodotti, nello specifico, mattoni in plastica per pavimentazioni esterne, mentre Risacca Lab promuove soluzioni innovative sul riuso e riciclo degli scarti dell’industria ittica, dalle reti da pesca alla plastica recuperata in mare. Ultimo ma non meno importante, il progetto Chair 1:1 di Alessandro Stabile e Martinelli Venezia che rappresenta la volontà di ottimizzare il processo produttivo, riducendo al minimo gli sprechi di materiale.

Finalmente un primo passo verso la regolamentazione a 360 gradi per la produzione, l’uso e il riciclo di questo materiale. Dovremo però aspettare il 2024 per vedere se effettivamente ci saranno dei cambiamenti. Speriamo che la nuova risoluzione concordata all’Assemblea delle Nazioni Unite per l’Ambiente non sia solo in grado di regolamentare l’intera industria della plastica ma anche di favorire lo sviluppo di soluzioni sostenibili per una nuova economia.

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Cover by Jasmin Sessler

Fino al 28 novembre torna in Cascina Cuccagna il Festival Giacimenti Urbani. Ideato dall’omonima Associazione, si occupa di economia circolare dal basso e riduzione dello spreco di risorse. Dopo lo stop del 2020, l’evento ritorna con una settimana ricca di incontri, concorsi di idee, mostre, tavoli di confronto, e molto altro, con il fine di sensibilizzare i cittadini per diventare loro stessi attori di un sistema più circolare. Oltre all’ampio programma, che potete vedere qui, il festival ospita la mostra Deplastic: azioni e buone pratiche contro l’abuso di plastica, assolutamente da non perdere.

Siamo abituati a sentire spesso parlare dei danni della plastica, del suo ciclo di vita, del suo riciclo… Deplastic fa il punto sulla situazione in maniera semplice, precisa ed efficace. Il visitatore entra nella prima stanza in cui può trovare un primo approfondimento sul materiale, che cerca di rispondere ad alcune domande: da dove viene? Come viene usato? Quali danni produce? Ma soprattutto, quanta plastica è riciclabile?

La seconda stanza mostra le soluzioni, progetti che rispondono alle problematiche contemporanee, dal packaging in plastica biodegradabile, consigliato per il pesce, perché se finisce in mare è commestibile e dà nutrimento, alla lampada Ohmie di Krill Design, completamente biodegradabile, che sfrutta gli scarti delle arance come materiale. La terza e ultima stanza presenta un video di circa 25minuti che descrive pannello per pannello la mostra, spiegando ancora meglio i contenuti precedentemente presentati. A fianco, un altro pannello dà l’opportunità ai visitatori di lasciare consigli, suggerimenti e idee sotto forma di post-it.

Non perdete Deplastic: azioni e buone pratiche contro l’abuso di plastica, fino al 28 novembre in Cascina Cuccagna, Milano. A cura di Giacimenti Urbani, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Commissione Europea. Allestimento e grafica di Cono Design Studio.

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Materiali

Luffa Project, Riportare La Natura Nell’ambiente Domestico

Un aspetto molto interessante di autoproduzioni e piccole serie di oggetti e…

Interviste

Architecture

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Comunicazione

Architettura

Eventi

As we have already mentioned in previous articles, when it comes to sustainability in the world of product design, one of the many aspects that we need to focus on is packaging. The most harmful impact on the environment is created by all those plastic packagings which, paradoxically, while the content inside rots after a few days, deteriorate after several decades.

Starting from this observation, the Swedish design studio Tomorrow Machine has worked extensively to develop packaging solutions that replicate the life cycle of fresh products. In collaboration with the global juice company Eckes Granini and their premium brand Brämhults, an innovative biobased juice bottle made from potato is now being developed.

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The GoneShells bottle is made of an innovative biodegradable material that challenges our conventional idea of how packaging can be designed. Inspired by how nature protects its content, the idea has been to develop a material so pure you can eat it, in order to create packaging that can decompose without industrial processes. Similar to fruit peel. Going into detail, the innovative biodegradable packaging material is made from potato and what makes GoneShells unique is the speed and multiple alternatives of degradation. When the project will be ready for the market, the bottle can be eaten, home composted or even dissolved under your water tap in the kitchen sink. 

“With a bottle designed to be torn apart after it has been used – by peeling it like a fruit, the idea is that oneself can speed up the decomposition process. When you break the packaging and put it in contact with water, a natural reaction starts to break down the bottle immediately – and that’s how we created a bottle with the ability to disappear by itself,” says Anna Glansén, founder at Tomorrow Machine

“By developing a material with the ability to break down fast and easily in different ways, the objective is to create less strain on both the environment and recycling systems, as well as reducing problems associated with packaging materials ending up in nature and oceans,” adds Maria Glansén, Design director at Tomorrow Machine.

Supported by the strategic innovation programme BioInnovation, a joint venture by Vinnova, Formas and Swedish Energy Agency and with expertise from RISE Research Institute of Sweden and F&B Happy, development is carried out along with the design of prototypes. The initial phases of the testing process show great potential.

Thanks to their shared journey of developing a sustainable packaging for Brämhults that minimizes environmental impact, Eckes Granini and Tomorrow Machines are trying to create a bottle that minimizes the environmental impact. The GoneShells research project, which aims to replace fossil-based materials in beverage packaging, could also help us question how we think about packaging today.

Learn more at www.goneshells.com

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Come abbiamo già raccontato per diversi progetti, quando si parla di sostenibilità all’interno del mondo del product design uno dei tanti aspetti su cui bisogna soffermarsi è il packaging. L’impatto maggiormente dannoso sull’ambiente viene creato da tutti quegli imballaggi in plastica che paradossalmente, mentre il contenuto va a male dopo pochi giorni, deteriorano dopo diversi decenni.

Partendo da questa osservazione lo studio svedese di design Tomorrow Machine ha lavorato a lungo per trovare soluzioni di imballaggio che replicano il ciclo di vita dei prodotti freschi. Al momento il team sta sviluppando in collaborazione con l’azienda globale di succhi Eckes Granini e il loro marchio premium Brämhults un’innovativa bottiglia per succhi, realizzata con un biomateriale a base di patate.

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La bottiglia GoneShells è progettata in un innovativo materiale biodegradabile che sfida l’idea convenzionale del packaging: ispirato dal modo in cui la natura protegge il suo contenuto, l’idea è stata quella di sviluppare un materiale così puro da poterlo mangiare, al fine di creare un imballaggio che possa decomporsi senza processi industriali. Simile alla buccia di un frutto. Entrando nel dettaglio, il packaging biodegradabile è realizzato con patate e ciò che rende unico GoneShells rispetto ad altre soluzioni di imballaggio compostabile è la velocità e le molteplici alternative di fine vita: quando il progetto sarà pronto per il mercato, la bottiglia potrà essere mangiata, compostata in casa o sciolta sotto il rubinetto dell’acqua nel lavello della cucina.

Anna Glansén, fondatrice di Tomorrow Machine, afferma: “Con una bottiglia progettata per essere ‘spezzetata’ dopo l’utilizzo – sbucciandola come un frutto – l’idea è che ognuno di noi possa aiutare ad accelerare il processo di decomposizione del packaging. Quando la confezione viene rotta e messa a contatto con l’acqua, una reazione inizia a disgregare naturalmente e all’istante la bottiglia. Così abbiamo creato un contenitore che ha la capacità di scomparire da solo.”

Maria Glansén, Design director di Tomorrow Machine, aggiunge: “Sviluppando un materiale con la capacità di degradarsi rapidamente e facilmente in diversi modi, l’obiettivo è creare meno stress sia per l’ambiente che per i sistemi di riciclaggio, oltre a ridurre i problemi associati ai materiali di imballaggio che finiscono nella natura e negli oceani.”

Supportato dal programma di innovazione strategica BioInnovation, una joint venture di Vinnova, Formas e Swedish Energy Agency e con l’esperienza del RISE Research Institute of Sweden e F&B Happy, lo sviluppo di GoneShells viene portato avanti insieme alla progettazione dei prototipi. Al momento il progetto ha superato le fasi iniziali del processo di test che mostrano un grande potenziale.

Eckes Granini e Tomorrow Machines, grazie al percorso condiviso di sviluppo di un packaging sostenibile per Brämhults, stanno cercando di creare una bottiglia che riduca al minimo l’impatto ambientale. Il progetto di ricerca GoneShells, che mira a sostituire i materiali a base fossile negli imballaggi per bibite, potrebbe anche aiutarci a mettere in discussione l’idea che abbiamo oggi del packaging.

Per maggiori informazioni visitate www.goneshells.com

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Matteo Brasili is a designer dealing with product and innovation and currently collaborates with Odo Fioravanti studio. In 2020 the designer won the James Dyson Award Italy thanks to the Nuvola di Mare (Cloud of Sea) product, part of the Tre Miglia system.

The project aims to solve water pollution by exploiting the habits of the human beings who navigate it, through the creation of an innovative circular business-to-business system between industries and fishermen, and introducing a new tool able to enhance human capabilities when collecting microplastics present in the sea.

The fishermen usually collect plastic waste at sea and bring it back to the shore. These are then divided by type and delivered for recycling. The role of the industry will then be to reintroduce this waste into its production, where a percentage of the proceeds obtained from the sales will be paid to fishermen, so as to encourage the waste collection and to make up for the non-recognition of the work done by the sailors.

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The aim of Tre Miglia is to reshuffle the cards currently available, creating new circuits capable of benefiting both industries (fishing and recycling), transforming the requalification of the sea not only into an environmental act, but also into a job. Nuvola di mare is an innovative easy-to-use tool, adaptable to any type of boat, which encourages and facilitates seafarers interested in the health of the marine world.

The product helps the recovery of microplastics that have contaminated the waters of our planet for years: when the boat is in operation Nuvola di Mare is left floating in the water and thanks to the filter system (at first a rotating filter, now double static) it captures the small plastic particles which will then be recycled once the boat returns to port. When not in use, the product is hooked to the boat.

The system is composed of 4 parts: two external parts that make up the water passage channel and hold the rope, a removable central ring and the rotating internal filters. The shape of the tool is inspired by fishing nets for small organisms such as plankton and fenders. The external surface recalls the texture of the shells which, together with the wing-shaped section of the product, creates a friction with the water, allowing it to flow into the filter.

Nuvola di Mare differs from other systems capable of collecting microplastics for various reasons: first of all, it moves in the sea via a boat, therefore it does not need any other source of energy to move and collect micro-plastics. Secondly, it is an intuitive product and allows for easy carryover and sorting of rubbish on the shore. Last but not least, this product can be sold in port areas, where sailors rent it and in return receive discounts within the port, promoting a new type of system for the protection of the sea.

For more information on the project and to contribute to the production of this new system, visit and follow Matteo Brasili on Instagram!

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Matteo Brasili è un designer che si occupa di prodotto e innovazione e al momento collabora con lo studio di Odo Fioravanti. Nel 2020 vince il James Dyson Award Italia grazie al prodotto Nuvola di Mare, parte del sistema “Tre Miglia”.

Il progetto mira a risolvere l’inquinamento delle acque sfruttando le abitudini dell’uomo che le naviga, attraverso la creazione di un innovativo sistema circolare business-to-business tra industrie e pescatori e introducendo Nuvola di Mare, un nuovo strumento in grado di ampliare le capacità umane nella raccolta delle microplastiche presenti in mare.

Molto spesso i pescatori raccolgono i rifiuti di plastica e li riportano a riva. Questi vengono poi separati in base alla loro tipologia e consegnati per il riciclo. Il ruolo dell’industria sarà quello di reintrodurre questi scarti nella propria produzione. Una percentuale del ricavato dalle vendite sarà versata ai pescatori, così da favorire oltre che la cattura dello sporco e il riconoscimento del lavoro fatto dai marinai.

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L’obiettivo del progetto “Tre Miglia” è quello di rimescolare le carte a disposizione, creando nuovi circuiti capaci di avvantaggiare entrambe le industrie, trasformando la riqualificazione del mare non solo in un atto ambientale ma anche in un lavoro: per questo nasce “Nuvola di mare”, uno strumento innovativo e di facile utilizzo, adattabile a qualsiasi tipo di imbarcazione, che incoraggia e facilita il lavoro dei pescatori interessati alla salute del mondo marino.

Il prodotto aiuta il recupero delle microplastiche che hanno contaminato le acque del nostro pianeta per anni: quando la barca è in funzione Nuvola di Mare viene lasciato galleggiare in acqua e grazie al sistema di filtri (prima un filtro rotante, ora il progetto presenta un doppio filtro statico) cattura le piccole particelle di plastica che verranno poi riciclate una volta che la barca rientrerà in porto. Quando non è in uso, il prodotto viene agganciato alla barca.

Il sistema è composto da 4 parti: due parti esterne che costituiscono il canale di passaggio dell’acqua e trattengono la fune per il fissaggio del prodotto, un anello centrale amovibile e il doppio filtro statico. La forma dello strumento si ispira alle reti da pesca per piccoli organismi come il plancton e i parabordi. La superficie esterna si ispira alla texture delle conchiglie che, unita alla sezione ad ala del prodotto, crea un attrito con l’acqua permettendole di defluire nei filtri.

A differenza di altri prodotti, Nuova di Mare sfrutta il movimento della barca quindi non ha bisogno di nessun’altra fonte di energia per muoversi in mare. In secondo luogo, è un prodotto intuitivo e consente un facile trasferimento e smistamento dei rifiuti sulla riva. Infine, questo prodotto può essere venduto nelle aree portuali, dove i marinai lo noleggiano ricevendo in cambio sconti all’interno del porto, promuovendo un nuovo tipo di sistema per la tutela del mare.

Per maggiori informazioni sul progetto e per contribuire alla produzione di questo nuovo sistema, visitate e seguite il profilo Instagram di Matteo Brasili!

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Almost eight years ago, we talked about The Ocean Cleanup: the protagonist is the nineteen year old boy, Boyan Slat that, in 2012, presented his idea at TEDx in Delft. Officially founded in 2013, The Ocean Cleanup is a non-profit organization that today has a network of 120 members including engineers, researchers, scientists, computational modelers and supporting roles, working daily to rid the world’s oceans of plastic. The goal is to remove 90% of floating ocean plastic by 2040.

How is the project going? To take a recent example, in 2018, The Ocean Cleanup engineered System 001 an apparatus designed to wade through the area known as the Great Pacific Garbage Patch – hundreds of millions of kilograms of plastic waste across its 20 million square kilometers – to retrieve garbage, with a huge net. This years, in July, System 002 removed more than 100,000 kilograms of plastics.

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The Ocean Cleanup is currently conceptualizing the third collection system, which will be the largest and most efficient model to date. The System 03 apparatus will consist of three vessels that will carry a massive 2,500-meter wide and four-meter deep net system to gather debris and funnel it to a sizable retention zone; drones will identify waste hotspots. Once collected, the waste is sent for recycling or repurposing. The organization plans to create a fleet of ten System 03 machines in the coming months.

Visit the official website of the organization and follow The Ocean Cleanup on Instagram to know more about the project!

Images theoceancleanup.com

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Abbiamo parlato di The Ocean Cleanup circa 8 anni fa: il protagonista è Boyan Slat, un diciannovenne olandese, che nel 2012 aveva presentato l’idea alla conferenza al TEDx di Delft. Ufficialmente fondata nel 2013, The Ocean Cleanup è un’organizzazione no-profit che oggi conta una rete di 120 membri tra ingegneri, ricercatori, scienziati, modellisti computazionali e ruoli di supporto, che lavorano quotidianamente per liberare gli oceani del mondo dalla plastica. L’obiettivo è la rimozione del 90% della plastica negli oceani entro il 2040.

Come sta andando il progetto? Per fare un esempio recente, nel 2018, The Ocean Cleanup ha progettato System 001 una macchina utilizzata per attraversare la zona nota come Great Pacific Garbage Patch – centinaia di milioni di chilogrammi di rifiuti di plastica nei suoi 20 milioni di chilometri quadrati di superficie – per recuperare immondizia con una rete enorme. A quattro anni di distanza, nel luglio di quest’anno, il System 002 ha rimosso più di 100.000 chilogrammi di plastica.

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Al momento The Ocean Cleanup sta sviluppando il terzo sistema di raccolta, che sarà “il modello più grande ed efficiente fino ad oggi”. L’apparato System 03 sarà composto da tre navi che trasporteranno un enorme sistema di reti largo 2.500 metri e profondo quattro per raccogliere detriti e incanalarli in una zona specifica; i droni guideranno le navi ai punti di raccolta. Una volta trasportati fuori dall’acqua, i rifiuti verranno organizzati in contenitori di spedizione e avviati al riciclaggio o al riutilizzo. L’organizzazione ha in programma la creazione di una flotta di dieci macchine System 03 nei prossimi mesi.

Per avere maggiori informazioni sul progetto, verificare i dati e seguire le dirette live streaming visitate il sito ufficiale dell’organizzazione e seguite The Ocean Cleanup su Instagram!

Immagini via theoceancleanup.com

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Most of us, are used to having good drinking water always available, we just need to open the tap at home. However, this has led us to forget the origin, the life cycle and the value of this natural resource. Even for the Italian Constitution, everyone has the right for sufficient, safe, acceptable, physically accessible and affordable water for personal consumption and domestic uses.

Venice Tap Water is an idea by Marco Capovilla that takes shape in the summer of 2019. The project continues the commitment of Venezia Pulita, a Facebook group founded by Capovilla, to create awareness and encourage citizens and tourists to minimize their environmental impact. The main goal is to reduce the use of bottled water in Venice, be it plastic or glass.

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Here, tourists (about 30 million per year) are not well informed about free drinking water. On the contrary, many citizens are skeptical about the quality of water. As Capovilla points out, this is also caused by the fact that we are constantly targeted by advertisements related to bottled water and its properties. However, where is the communication for the promotion and safeguarding of this public resource?

Every day, tens of cubic meters of packaged water enter Venice, moreover, strategic public spaces such as piers have vending machines for half-liter bottles. If the local public administration install drinking fountains, it will send a strong message and will be seen as a sustainable action, a statement.

The environmental cost of packaged water isn’t limited to the volume of plastic waste to be recycled, which, in any case, must be transported and processed; added to this is the production of bottled water (energy and materials) and the transportation to the final destination.

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Venice Tap Water‘s goal is to eliminate the problem at its root. Most plastics can be recycled only one or two times before they need to be downcycled, with the result of a material with a lower value than waste and with higher costs than the first production. To sum it up, with downcycle you spend more to create a lower quality material, perhaps not the best solution.

Marco Capovilla’s project is very simple: he collected official information and data, made them available on a website, from which is also possible to download two leaflets and consult the map of the 126 fountains of Venice (plus 60 more on the surrounding islands). As a result, many participating accommodations, from hotels to B&Bs, confirm that they have actually noticed a significant drop in the amount of plastic bottles, compared to before the introduction of the aforementioned flyers.

As anticipated, Venice Tap Water is a simple but extremely efficient idea. Living more sustainably can be difficult if we don’t know the opportunities we have. Sometimes, we don’t need to create demanding and expensive solutions, but to collect existing data and communicate them in a clear and simple way. An example that all cities should follow.

Visit Venice Tap Water and follow the project on Instagram to find out more and consult the map!
Cover by Ricardo Gomez Angel 

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La maggior parte di noi è abituata ad avere acqua potabile buona sempre a disposizione, basta aprire il rubinetto di casa. Questa abitudine però ci ha portato a dimenticare l’origine, il ciclo di vita e il valore di questa risorsa naturale, la cui conservazione e fruizione, anche per la Costituzione Italiana, non può essere di pochi, per pochi.

Venice Tap Water è un’idea di Marco Capovilla che prende forma nell’estate del 2019. Il progetto prosegue l’impegno di Venezia Pulita, gruppo Facebook fondato da Capovilla, di aiutare i veneziani e i turisti a distriscarsi nelle questioni ambientali, creando consapevolezza – e possibilmente qualche buona abitudine. L’obiettivo principale di Venice Tap Water è di ridurre l’impatto che ha l’acqua in bottiglia, sia essa in plastica o in vetro.

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Il progetto nasce perché i visitatori di Venezia (30 milioni circa all’anno) non sono minimamente informati sulla potabilità (e bontà) dell’acqua pubblica di rubinetti e fontane. Al contrario, molti cittadini sono scettici su questi punti e, come evidenzia anche Capovilla, questo è provocato anche dal fatto che siamo costantemente bersagliati dalle pubblicità legate all’acqua in bottiglia e alle sue proprietà, ma dov’è la comunicazione per la promozione e salvaguardia della risorsa pubblica?

Oggi come oggi, ogni giorno, a Venezia entrano decine di metri cubi di acqua confezionata e spazi pubblici strategici, come gli imbarcaderi, presentano distributori automatici di bottiglie da mezzo litro. Se l’amministrazione pubblica locale installasse delle fontanelle, manderebbe un messaggio forte e sarebbe vista come un’azione sostenibile, uno statement.

Il costo ambientale dell’acqua confezionata non si limita al volume di rifiuti in plastica da riciclare, che sono comunque da trasportare e processare; a questo si aggiunge la produzione dell’acqua in bottiglia (energia e materiali) e il trasporto alla destinazione finale. 

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L’obiettivo di Venice Tap Water è eliminare il problema alla fonte e non riciclare, perché spesso non è solo riciclo, ma può essere anche downcycle: se lavoro meccanicamente le bottigliette in plastica produrrò un materiale con un valore minore rispetto lo scarto e con dei costi maggiori rispetto la prima produzione. In poche parole, con questa tipologia di riciclo spendo di più per creare un materiale di qualità inferiore rispetto lo scarto, forse non la soluzione migliore.

Il progetto di Marco Capovilla è molto semplice: sono state raccolte informazioni e dati ufficiali che sono state poi inserite in un sito, da cui è possibile scaricare due volantini e consultare la mappa delle 126 fontanelle di Venezia (più 60 nelle isole intorno). Il risultato è che molte strutture ricettive che hanno aderito, dagli hotel ai B&B, confermano che effettivamente hanno notato un calo importante della quantità di bottiglie di plastica usate rispetto a prima dell’introduzione del volantino.

Come anticipato, Venice Tap Water è un’idea semplice, ma estremamente efficace. Molto spesso non ci rendiamo conto che mancano delle informazioni fondamentali alle persone per vivere in maniera più sostenibile. A volte non serve creare soluzioni impegnative e costose, ma raccogliere i dati già esistenti e comunicarli in maniera chiara e semplice. Un esempio che tutte le città dovrebbero seguire.

Per saperne di più e consultare la mappa visitate Venice Tap Water e seguite il progetto su Instagram!
Cover by Ricardo Gomez Angel 

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There are still two years left, but in 2024 we could read the first draft of a UN treaty that will regulate plastic production and pollution on an international scale. Two weeks ago, at the UN Environment Assembly in Nairobi, Kenya, 175 countries approved the resolution that will see nations hash out a set of universal rules and targets to end plastic waste. Treaty will cover the whole lifecycle of plastics.

To date, the world has generated more than seven billion tonnes of plastic waste. Of this, only nine per cent has been recycled. Another 12 per cent has been incinerated, releasing the fossil fuels it contains into the atmosphere and contributing to global warming. But the vast majority, around 79 per cent of all the plastic ever produced, is currently piling up in landfills and polluting the environment, harming marine life and breaking down into microplastics that have found their way into everything from Arctic ice to the placenta of unborn babies. And this problem is only set to get worse as plastic pollution is on course to triple by 2040.

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The resolution agreed at the UN Environment Assembly already mandates that the final agreement will need to regulate not just waste collection and recycling, but also the design and production of plastics in order to minimise the pollution caused at every stage of the lifecycle. This whole-life approach was supported by a number of companies including Coca-Cola, PepsiCo, Nestlé and Unilever, which surveys have regularly found to be the world’s worst plastic polluters.

This new treaty will also have an impact on the world of design, which in recent years has already taken some steps in this direction: among the most famous examples is the Bell chair by Konstantic Grcic for Magis, made from recycled polypropylene obtained from the waste generated by the brand’s own furniture production and from that of the local car industry. Adell by Lievore + Altherr Désile Park for Arper, with its 80% recycled polypropylene shell. Gjenge Makers uses waste as a resource to create new products from scratch, specifically, plastic bricks for outdoor flooring. On the other hand, Risacca Lab promotes innovative solutions on the reuse and recycling of waste from the fishing industry, from fishing nets to plastic recovered at sea. Last but not least, the Chair 1:1 project by Alessandro Stabile and Martinelli Venezia which represents the desire to optimize the production process, minimizing material waste.

Finally, a first step towards a 360-degree regulation for the production, use and recycling of this material. However, we will have to wait until 2024 to see if there will actually be any changes. We hope that the new resolution agreed at the UN Environment Assembly will not only be able to regulate the entire plastics industry but also to encourage the development of sustainable solutions for a new economy.

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Cover by Jasmin Sessler

Sometimes we find inspiration from what surrounds us, and this is what happened to Souhaïb Ghanmi, a Swiss Tunisian industrial designer who graduated with honors in 2021 from ECAL, with Elos project.

Today, plastic is one of the biggest factors of pollution and Souhaïb was interested in a potential substitute for this material. It was while observing his father’s family, who takes care of the cattle, that he noticed the amount of waste produced after slaughter. Thanks to his uncle, who used to recover these bones to make knife handles, Souhaïb found a starting point for his own project.

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To give some data, in France, about 20 million head of cattle are destined for food consumption. The bones from this industrial production are considered waste. Some of them are processed into various by-products such as animal food supplements or Chinese porcelain. However, a very large part is destroyed. In the past, bone was the equivalent of plastic and therefore the designer decided to look at this primitive material to apply it to our daily lives. Hence Elos was born.

Elos questions the possible future of bovine bones and the recycling of this material. For Souhaïb, bone is a forgotten and not sufficiently exploited despite its many properties such as: electrical and thermal insulator and a biodegradable material. Elos is a range of switches and sockets using bone powder for its electrical insulation properties. The socket is inspired by the articulation of a femur, allowing it to accompany the cable to avoid wear and tear. The organic shapes of the switches are inspired by the cut of long bones. Added to the family is a cover variant that combines a cable reel and a cell phone charging station. The double cover can accommodate all types of switches, sockets and USBs.

A project with great potential that, once again, shows us how a waste can be brought to new life, rediscovering an ancient use, now forgotten.

To see other projects, follow Souhaïb Ghanmi on Instagram!
Photography by Noé Cotter

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Spesso è dall’osservazione di quello che ci circonda che si trova la migliore ispirazione, ed è quello che è successo a Souhaïb Ghanmi, industrial designer svizzero tunisino laureato a pieni voti nel 2021 presso l’ECAL, per il progetto Elos.

Oggi la plastica è uno dei maggiori fattori di inquinamento e Souhaïb era interessato a trovare un potenziale sostituto per questo materiale. È stato osservando la famiglia del padre, che si prende cura del bestiame, che ha notato la quantità di rifiuti prodotti dopo la macellazione. Grazie allo zio, che recuperava queste ossa per fare manici di coltelli, ha trovato un punto di partenza per il proprio progetto.

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Per dare qualche dato, oggi, in Francia, circa 20 milioni di capi di bestiame sono destinati al consumo alimentare. Le ossa di questa produzione industriale sono considerate rifiuti. Alcuni di essi vengono trasformati in vari sottoprodotti come integratori alimentari per animali o porcellana cinese. Tuttavia, la gran parte viene distrutta. In passato l’osso era l’equivalente della plastica e il designer ha quindi deciso di guardare a questo materiale come possibile sostituto. Nasce quindi Elos.

Elos si interroga sul possibile futuro delle ossa bovine e del riciclo di questo materiale inquinante. Per Souhaïb l’osso è un materiale dimenticato e non sfruttato a sufficienza nonostante le sue numerose proprietà: può essere utile come isolante elettrico, termico ed è un materiale biodegradabile. Elos si traduce in una gamma di interruttori e prese che utilizzano polvere d’osso per le sue proprietà di isolamento elettrico. La presa si ispira all’articolazione della testa di un femore, permettendo di accompagnare il cavo per evitarne l’usura. Le forme organiche si ispirano al taglio delle ossa. Alla famiglia si aggiunge una variante di cover che combina un avvolgicavo e una stazione di ricarica per telefoni cellulari. La doppia cover può ospitare tutti i tipi di interruttori, prese e USB.

Un progetto con un grande potenziale che ci mostra ancora una volta come uno scarto possa essere portato a nuova vita, riscoprendo anche un antico utilizzo, ormai dimenticato.

Per vedere altri progetti, seguite Souhaïb Ghanmi su Instagram!
Fotografia di Noé Cotter

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Founded by the homonymous association, Giacimenti Urbani Festival returns to Cascina Cuccagna until 28 November. The main festival topics are bottom-up circular economy and the reduction of waste of resources. After the stop in 2020, the event returns with a week full of meetings, competitions for ideas, exhibitions, discussion tables, and much more, with the aim of raising awareness among citizens to become themselves actors of a more circular system. In addition to the extensive program, which you can see here, the festival hosts the exhibition Deplastic: actions and good practices against plastic abuse, absolutely not to be missed.

We are used to hear about the damage of plastic, its life cycle, its recycling… Deplastic takes stock of the situation in a simple, precise and effective way. The visitors enter the first room where they can find a first deepening on the material, which tries to answer questions like, how was it created? How is it used? What damage does it cause? But above all, how much plastic is really recyclable?

The second room shows the solutions, projects that respond to contemporary problems, from packaging in biodegradable plastic, recommended for fish, because if it ends up in the sea it’s edible and gives nourishment, to the Ohmie lamp by Krill Design, completely biodegradable, which uses waste of oranges as a material. The third and last room presents a video of about 25 minutes that describes the exhibition panel by panel, explaining even better the contents just seen. Alongside, another panel gives visitors the opportunity to leave advice, suggestions and ideas in the form of post-it notes.

Don’t miss Deplastic: actions and best practices against plastic abuse, until November 28th in Cascina Cuccagna, Milan. Curated by Giacimenti Urbani, with the patronage of the Ministry of the Environment and the European Commission. Exhibition and graphic design by Cono Design Studio.

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BicéBio is an eco-sustainable cup in bioplastic material, designed by the young creative duo MAIS Projectpreviously on WeVux – and produced by Cormaf Srl.
The world of bioplastic has undergone a remarkable development in recent years. The replacement of traditional plastic (of fossil origin) with plant-based bioplastics allows to avoid the current abuse of fossil resources, which are generated only under certain geological conditions over hundreds of millions of years. On the contrary, the bioplastic industry directly uses the biomass generated by the Earth, allowing a more controlled regeneration of the source.

Furthermore, most bioplastics (such as the one used for BicéBio) have the advantage of being biodegradable and compostable in the industrial compost supply chain, thus returning to the earth as fertilizers, without polluting and eventually closing their life cycle with a favorable carbon footprint (LCA). Also bioplastics (some more than others) can be recycled without releasing harmful microplastics into the environment.

Nowadays, talking about bioplastics may rise some controversies: one of many, the volume of disposal of throwaway (both plastic and bioplastic) products. Hence the need to evolve as consumers in the direction of a more environmentally responsible approach, which is directed towards a circular economy which involves recycling, but also, where possible, the recovery and reuse of finished products. Despite the low environmental impact of bioplastics, the throwaway logic remains an unsustainable behavior by definition. In large catering, more than in other segments, the limits of this practice are highlighted due to the huge amount of pieces consumed daily. To date, recycling plants are unprepared to receive such a large amount of dishes to compost. For this reason, it will be increasingly important to insist on a “sustainable” design, from all points of view.

BicéBio is therefore, first of all, a conscious choice by the MAIS Project studio. In addition to being compliant with the European reference standards for food contact, stands out for its thermal and mechanical resistance; necessary features to allow a repeated and intense use in complete safety. The innovative bioplastic material is obtained exclusively from renewable sources, therefore totally independent from the production chain of traditional plastics of petrochemical origin. Thanks to its innovative material, is perfectly reusable after a simple passage in the dishwasher. This operation can be repeated without altering its quality.
BicéBio, thanks to its high performance properties, allows you to significantly reduce the consumption of disposable cups, in favor of a longer-lasting product, with a clean but original aesthetic.

The timeless design of BicéBio makes the object suitable for all circumstances. The decorative texture is reminiscent of the Sottsassian ‘Bacteria’: a tribute to the master of the Memphis movement and to the Made in Italy. And not only that, the texture allows a comfortable grip for the youngest. The bioplastic used, suitable for food contact, presents a warmer and more comfortable touch in comparison to the traditional cold plastics. BicéBio therefore presents itself not only as an eco-sustainable and smart product but also attentive to the human aspects related to the end user.

BicéBio is entirely designed and produced in Italy, is the eco-sustainable solution for every meal and is a combination of conscious design and a spirit of innovation branded Made in Italy.
The product will be presented for the first time during Milano Design City 2020 (5-10 October), at the Design Antidoto exhibition, at Fabbrica del Vapore. Curated by DOS Pixel City and Illuminazioni.

Visit BicéBio‘s page and follow it on Instagram!
MAIS Project – www.maisproject.com
Instagram – @maisproject

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BicéBio è un bicchiere ecosostenibile in materiale bioplastico, progettato recentemente dal giovane duo creativo MAIS Projectprecedentemente su WeVux con FLAI.– e prodotto da Cormaf Srl.
Il mondo della bioplastica si sta evolvendo rapidamente e ha subito un notevole sviluppo negli ultimi anni. La sostituzione delle plastiche tradizionali (di origine fossile) con le bioplastiche da fonti vegetali o batteriche permetterà progressivamente di ridurre l’attuale abuso delle risorse fossili, che sono generate solo in determinate condizioni geologiche e nel corso di centinaia di milioni di anni. Al contrario, l’industria delle bioplastiche utilizza prodotti vegetali rinnovabili, generate dal pianeta Terra, che consentono una rigenerazione della sorgente più controllata.

Gran parte delle bioplastiche, come quella utilizzata da MAIS Project, hanno il vantaggio di essere biodegradabile e compostabili nella filiera del compost industriale, tornando così alla terra come fertilizzanti, senza inquinare e chiudendo il loro ciclo di vita con una impronta di carbonio (LCA) favorevole. Inoltre, anche le bioplastiche (alcune più di altre) possono essere riciclate senza rilasciare microplastiche dannose nell’ambiente.

Parlare di plastiche oggi può essere oggetto di molte controversie: una tra tante, il volume di smaltimento dei prodotti usa e getta sia in plastica tradizionale che in bioplastica. Ecco dunque l’esigenza di evolvere come consumatori nella direzione di un approccio più rispettoso dell’ambiente, che sia indirizzato verso l’economia circolare che prevede il riciclo, ma anche, dove possibile, il recupero e il riuso dei prodotti finiti. Nonostante il basso impatto ambientale delle bioplastiche, la logica “usa e getta” rimane un comportamento per definizione non sostenibile. Nella grande ristorazione, più che in altri segmenti, si evidenziano i limiti di questa pratica per l’enorme quantità di pezzi consumata giornalmente.

BicéBio è quindi, innanzitutto, una scelta consapevole da parte dello studio MAIS Project: la bioplastica scelta oltre ad essere conforme alle norme di riferimento europee per il contatto alimentare, è molto particolare per la sua resistenza termica e meccanica – condizioni necessarie per permettere un utilizzo ripetuto e intenso in tutta sicurezza. L’innovativo materiale bioplastico proviene esclusivamente da fonti rinnovabili, quindi totalmente indipendenti dalla filiera della produzione delle plastiche tradizionali di origine petrolchimica. Grazie alla sua materia prima è perfettamente riutilizzabile dopo un semplice passaggio in lavastoviglie, operazione che può essere ripetuta senza alterarne la qualità.
L’utilizzo di BicéBio, grazie alle sue proprietà altamente performanti, consente di ridurre vertiginosamente l’utilizzo di bicchieri usa e getta standard, a favore di un prodotto performante, più duraturo, dall’estetica pulita ma originale.

Il design senza tempo di BicéBio rende l’oggetto adatto ad ogni circostanza. La texture decorativa ricorda la sottsassiana ‘Bacteria’: un omaggio al maestro del movimento Memphis e al made in Italy. E non solo, la texture permette un grip comodo per i più giovani. La bioplastica utilizzata, certificata per il contatto alimentare, presenta una sensazione più confortevole e “umana” della fredda plastica tradizionale, con un isolamento termico maggiore del vetro. BicéBio si presenta quindi non solo come un prodotto ecosostenibile e intelligente ma anche attento agli aspetti più umani della progettazione/ all’utente finale.

BicéBio è interamente progettato e prodotto in Italia, è la soluzione ecosostenibile per le grandi tavolate e si presenta come il perfetto connubio tra design consapevole e spirito di innovazione Made in Italy.
Il prodotto verrà presentato per la prima volta durante Milano Design City 2020 (dal 5 al 10 ottobre), alla mostra Design Antidoto presso la Fabbrica del Vapore, curata da DOS Pixel City e Illuminazioni.

Visitate il nuovo sito BicéBio e seguite le novità sul canale Instagram!
MAIS Project – www.maisproject.com
Instagram – @maisproject

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Veronika Richterová is a Czech artist that creates sculptures and objects from repurposed plastic PET bottles. For the last decade the artist has developed various methods of cutting, heating, and assemblage to build colorfully translucent forms of everything from crocodiles to chandeliers to plants.

Her obsession with plastic bottles doesn’t stop with creating artwork, she has also collected over 3,000 PET plastic objects from 76 countries and she wrote extensively about the history and usage of plastic in her article A Tribute to PET Bottles. A few of Richterová’s plastic chandeliers are currently included in the 50-artist exhibition Eden Unearthed at Sydney’s Eden Gardens, on show until February 2018.

You can see more recycled works in the form of cacti, animals, and more on the artist’s website

 

All Rights Reserved to Veronika Richterová

Come ogni anno noi di Wevux siamo andati a visitare il salone a Rho Fiera, perché sappiamo che voi designer pigri non ci siete andati tutti! Padiglione d’obbligo è quello di Katell, che ogni anno sforna allestimenti sfarzosi dai concept più disparati. Questo volta il tema è PRECIOUS, e se vi state chiedendo se hanno preso il titolo da una delle canzoni dei Blackeyedpeas, la risposta è può essere, dato che sembra proprio di entrare in un allestimento di un video hip hop! Oro dappertutto, catenazze e materiali specchiati come se piovesse! Roba da fare impallidire i club dogo! I prodotti risultano così un po’ sminuiti, nonostante la nuova linea di piatti in plastica, che sembrano ceramica, sia davvero bella!

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Delfini luminosi. O meglio, lampade delfino “Light D-12”.

Si tratta del progetto non realizzato dell’architetta Natalia Rumyanaceva che ho scovato su archiportale.

Fatti in materiale plastico, hanno una forma minimalista e asimmetrica, e sono progettati per esser lasciati sul pavimento.

Insomma, sono prodotti artistici più che vere lampade da illuminazione.

Ma d’altronde, c’è bisogno anche di design emozionale nelle case moderne. Ora più che mai in passato.

 

http://www.archilovers.com/p65374/Light-D-12#rendering