Paolo Di Gennaro si definisce un progettista orientato alla ricerca di narrazioni spaziali, che sfrutta interdisciplinarietà e contaminazioni dal mondo dell’Arte. Nato nel 1994, ha frequentato il corso di Interior Design presso la NABA di Milano e successivamente un corso breve di Interior Styling e poi un Master in Narrative Environments presso la Central Saint Martins di Londra.
Il suo progetto di tesi triennale del 2017 è Onori di Sala, una ricerca sul tema dell’ospitalità che propone come risultato la riconfigurazione degli ambienti domestici, in particolare del salotto, sulla base delle dinamiche introdotte da Airbnb in questi spazi. La decisione di utilizzare la zona living è semplice: rappresenta per eccellenza lo spazio dell’accoglienza dell’altro, ed è il luogo simbolo dell’ospitalità poiché zona franca tra il pubblico ed il privato.
Il progetto riprende gli studi completati da Ugo La Pietra negli anni ’80 con Cronografie (1980) e La Casa Telematica (1982), in cui lui ha riscontrato come il salotto borghese fosse ormai “uno spazio che rimane lì com’era e come è sempre stato, un luogo non vissuto ma che piace avere in quanto ricordo di una ritualità casalinga perduta”. Onori di Sala teorizza la ‘morte’ di questo spazio per poi creare un dramma in tre atti da mettere in scena proprio per/grazie all’arrivo del nuovo guest Airbnb.
L’intervento va a ridisegnare l’allestimento di tale “stanza del ricevimento” cercando di ristabilire il reciproco racconto di sé, sia dell’ospitante che dell’ospitato. Entrambi diventano quindi attori e spettatori del nuovo modello di abitare, qui intitolato da Paolo “abitare ospitando”.
Con un linguaggio ispirato dall’architettura teatrale, in maniera ironica e talvolta palesemente forzata, il progetto trasforma il salotto in un palcoscenico. Questo non rimane separato dalle restanti stanze della casa, ma piuttosto si plasma proprio sull’uso che, durante i principali momenti che scandiscono il soggiorno Airbnb, viene fatto di queste, in particolare dell’ingresso, eletto a foyer, e della camera temporanea dell’host, trasformata in backstage. Facendo riferimento alla riconduzione dell’intera abitazione ad una macchina teatrale – che Maurizio Vitta descrive in Dell’abitare (Einaudi, Torino, 2008) – Onori di Sala elegge il salotto a “palco nel teatro del mondo privato” poiché ne rispetta tutte le condizioni. Se è vero infatti che vi è teatro solo laddóve “la rappresentazione scenica accade davanti ad un pubblico” (M. Bontempelli, Convegno Volta, Roma, 1934), allo stesso modo, il salotto è l’ambiente domestico che assume significato solo nella mediazione dello sguardo dell’altro.
In concreto, l’intervento ridisegna la zona living ricreando una scenografia in quattro moduli scorrevoli i cui elementi vengono, singolarmente o all’unisono, attivati in accordo alle fasi dell’”abitare ospitando”. Gli elementi sono un piano d’appoggio e una coppia di sedute, un espositore e un ‘indirizzatore’, cioè un frame prospettico che serve a inquadrare le interruzioni narrative. Queste ultime – lo scorcio dell’ingresso, quello della camera temporanea dell’host, il televisore e la finestra – sono inserite all’interno di pannelli attrezzati, che dispongono di mensole sulle quali esporre oggetti caratterizzanti le fasi del ricevimento. Le cornici sono inserite in una texture che richiama le facciate esterne degli edifici, come a denunciare il contrasto e la continuità tra interno ed esterno, racconto personale ed esperienza dell’urbano, messa in scena e quotidianità.
Onori di Sala è stato sviluppato a partire dallo studio di tre modelli di riferimento così catalogati: attivazione, contrapposizione ed estrazione, individuati nei rispettivi casi studio – Casa di vacanze, E. Terragni, Samedan 2005; Crate House, A. Wexler, Hagen 1990; L’assenza della presenza, M. Laudani, M. Romanelli, Milano 2016. Questi modelli sono creati da tre diverse configurazioni dell’arredo e sono delle vere e proprie perfomance in cui chi ospita e chi è ospitato è protagonista insieme alla scenografia che cambia. L’attivazione mette in evidenza la perdità funzionale subita dal tavolo da pranzo che viene ridotto in piani d’appoggio frammentati. La contrapposizione guida il guest alla contemplazione del racconto esposto mentre l’estrazione ricostruisce attorno al tavolo da pranzo il confronto dialettico consumato dai commensali durante la condivisione del pasto. Questo è il momento cruciale della rappresentazione a cui segue l’abbattimento della quarta parete, in quanto lo stesso ospitato diventa parte della scenografia del salotto morente. Tali configurazioni scandiscono il dramma nei tre atti durante i quali è messo in scena il funerale del teatro domestico.
Onori di sala è un progetto di tesi coraggioso, a metà tra l’architttura d’interni e la performance contemporanea, ricco di riferimenti e significati, in cui lo spazio domestico viene vissuto come un vero e proprio teatro. Forse l’unica cosa che manca al progetto per essere veramente accessibile e poter trasmettere il messaggio è una, la semplicità.
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