JOMO TARIKU e il design ispirato all’Africa, l’intervista

L’artista e designer industriale etiope-americano Jomo Tariku definisce il proprio stile di design incorporando il suo heritage africano. Cresciuto in Etiopia, da ragazzo è sempre stato attratto dall’arte eclettica, dai souvenir e dai mobili che suo padre collezionava durante i viaggi in Africa e all’estero. Jomo si è avvicinato al mondo dell’arredamento da giovane, trascorrendo due vacanze estive presso un costruttore di Addis Abeba, in Etiopia. Successivamente ha studiato Design industriale all’Università del Kansas, negli Stati Uniti, con una tesi finale sull’arredamento africano contemporaneo.

I mobili di Jomo Tariku comprendono un’ampia varietà di opere che sintetizzano la sua esperienza delle diverse culture del continente, le strutture storiche, l’architettura, i mobili tradizionali, i colori, i manufatti, i paesaggi, la fauna selvatica, persino le acconciature… Il lavoro di Jomo è stato pubblicato ed esposto in tutto il mondo e i suoi sgabelli della serie Watatu, così come la sedia Nyala e lo sgabello Mukecha, sono stati utilizzati come parte della scenografia del film Marvel Black Panther, Wakanda Forever, uscito nel novembre 2022.

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Nel 2008, insieme al tuo socio, hai chiuso lo studio e hai iniziato a lavorare come designer e poi come data scientist per la Banca Mondiale a Washington DC. Com’è stato prendere questa decisione e poi lanciare Jomo Furniture nel 2017, nove anni dopo? Cosa ti ha donato questa “pausa dal design”?

Penso che chiudere un’attività in cui si è riversato il proprio cuore e la propria anima sia sempre difficile, ma nel corso degli anni sono accaduti una serie di eventi, partendo dall’inaspettata recessione economica del 2008 che ha portato alla chiusura dello studio.

In un certo senso il 2008 è stato il nostro anno migliore e peggiore (per me e il mio socio Henock Kebede). Il mio lavoro è stato esposto per la prima volta in un museo, ma allo stesso tempo la nostra attività stava soffrendo ed eravamo mentalmente affaticati perché il nostro team aveva impiegato molte energie nel tentativo di introdurre il nostro lavoro sul mercato, senza ottenere alcun risultato.

Anche se l’attività di studio è terminata nel 2008 e ho smesso di realizzare prototipi in negozio, ho continuato a ricercare e sviluppare nuove idee, per lo più sotto forma di bozze e modelli 3D. Nel 2015 l’autrice Tapiwa Matsinde mi ha contattato per il suo libro di prossima pubblicazione “Contemporary Design Africa”, seguito da un invito dell’Addis Abeba Design Week (AADW) dall’Etiopia che mi ha portato poi a partecipare anche ad una mostra a Dubai. Questi due eventi mi hanno lentamente dato la spinta a pensare che il momento potesse essere giusto rispetto al periodo 2000-2008. Da allora le cose si sono susseguite a ritmo serrato ogni anno, compresa la partecipazione alla presentazione del SaloneSatellite per l’Africa e l’America Latina nel 2018, seguita da molte altre.

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Come dici nel bellissimo video che spiega la creazione della Nyala Chair, molto spesso l’insieme delle diverse arti e culture presenti in Africa viene ridotto – erroneamente – all’idea di maschere e stampe animali. Cosa vuoi trasmettere con i tuoi prodotti? Pensando all’Occidente e al mondo del design, cosa possono insegnarci l’arte e la cultura africana?

Ho sempre detto e ribadito che esiste un’ampia gamma di lavori di artisti e progettisti africani, compresi quelli che fanno parte della comunità della diaspora, le cui opere sono influenzate da maschere e stampe animali. La mia obiezione è che la maggior parte delle opere viene categorizzata in un campo ristretto invece di considerare un caleidoscopio di contributi che vanno dalle opere di artigiani e artigiane, ad artisti autodidatti fino a designer con una formazione universitaria come me. Per me la storia completa della creatività e dell’estetica africana può essere trovata in questo ampio spettro.

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La Black Artists + Designers Guild è uno spazio inclusivo e orientato all’uguaglianza per persone di ogni genere, orientamento sessuale e credo. Ci può spiegare come è nato questo progetto e di cosa si tratta?

La causa scatenante è stato un evento tenutosi a New York nel 2018 come protesta verso What’s New What’s Next, in cui sono stati invitati oltre 80 panelist e moderatori, ma nessun designer nero è stato invitato a far parte di quel dialogo. L’evento è stato inoltre sponsorizzato dalle principali riviste di arredamento. Per Malene Barnett, la fondatrice della Guild, e per molti di noi nel campo del design, si trattava di una pratica di esclusione in cui il nostro pensiero e la nostra estetica non facevano parte di alcun dialogo, dandoci la spinta per avviare un’organizzazione che sostenesse gli artisti e i designer neri nei media e in vari eventi di arte e design.

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Come crei i tuoi prodotti? Da dove trai ispirazione per le forme e la scelta dei materiali?

Traggo tutte le mie ispirazioni dall’Africa e non mi limito a guardare solo il design di mobili preesistenti, ma prendo in considerazione anche oggetti, articoli per la casa, strutture storiche, moda, colori, manufatti, paesaggi, animali selvatici e acconciature. Per esempio, la Nyala Chair è ispirata a un’antilope, la Meedo chair a un pettine africano, mentre il mio sgabello Ashanti è ispirato all’omonima seduta del Ghana. Le mie ispirazioni non provengono mai da un’unica fonte. Questo approccio mi aiuta a essere creativo e a conoscere i tanti contributi africani. È un approccio che cerco di incoraggiare anche nei giovani designer.

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Accanto a pezzi in cui la decorazione è protagonista, come la Qwanta Totem Chair o la recente Meedo Chair, ce ne sono altri – ad esempio Nyala e MeQuamya – che si caratterizzano per la ricerca dell’essenziale, di una forma pulita ma altamente simbolica. Cosa significa per te oggi progettare arredi contemporanei?

Credo che la parte del mio cervello legata al design industriale mi spinga sempre a creare una reinterpretazione dalle linee pulite degli oggetti che mi ispirano, anche se probabilmente si tratta di oggetti molto lavorati o intricati. La complessità del mio design sta nel processo di costruzione, che viene nascosto con successo dal risultato finale del prodotto.

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Dopo la tua esperienza, ti senti più un artista o un designer industriale?

Sento di essere il risultato di entrambi, con il mio lato di designer industriale che forse ha un leggero vantaggio. Mi sforzo di avere un aspetto artistico distinto, ma allo stesso tempo esigo che il mio lavoro finale sia funzionale. Per me questo approccio è simile alla dualità degli oggetti africani con cui sono cresciuto, come la Jebena etiope, fatta di argilla: viene usata ogni giorno per fare il caffè sul fuoco e dopo il suo utilizzo viene messa sul caminetto come decorazione.

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A cosa stai lavorando attualmente? Dove vedremo i tuoi prodotti nel 2023?

I miei lavori si trovano alla Wexler Gallery negli Stati Uniti e alla Foreign Agent Gallery in Svizzera. Sto sviluppando una serie di tavoli e armadietti che spero di poter esporre quest’anno. Per la prima volta il design delle sedute passerà in secondo piano, anche se quest’anno presenterò altro design legato alle sedie.

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Grazie a Jomo, non perdete i suoi lavori, visitate Jomo Furniture e seguitelo su Instagram!

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