PIETRE TROVANTI, il design circolare che parte dallo scarto

Lo scorso aprile ho conosciuto Tiziana Scaciga, fondatrice e direttrice di Pietre Trovanti. Durante il nostro ultimo scambio lei mi consigliava il libro Estetica del Rottame, in cui mi colpì il concetto romantico di “splendide rovine”. Io le consigliavo “La Vita è un Raccolto”, il documentario di Agnès Varda che racconta la vita di spigolatori e spigolatrici contemporanei che, per necessità o per dare una seconda vita agli scarti del quotidiano, ripetono il gesto antico di raccogliere ciò che rimane a terra. “La cosa bella degli oggetti di recupero” dice un artista a metà del film, “è che hanno un passato.”

È proprio sulla rivalutazione del “passato prezioso” dello scarto che si basa Pietre Trovanti, il brand che Tiziana Scaciga ha fondato in collaborazione con Andrea Scotton (direttore di produzione) per recuperare i resti della lavorazione della pietra naturale – incluse le polveri di marmo e i “ritagli” avanzati dalla produzione della casa madre Moro Serizzo – e trasformarli in oggetti di design in grado di trasmettere le storie del territorio d’origine, la Val D’Ossola, con la loro estetica selvaggia e primordiale. Di ritorno dall’ultima edizione di Maison & Objet, Tiziana Scaciga ci ha raccontato di più sul suo brand circolare.

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Come è nato il progetto? 

Discendo da una famiglia di artigiani da generazioni. L’azienda di famiglia è specializzata nell’alto artigianato della pietra naturale, un mestiere maschile che, nel tempo, si è trasformato in un’esperienza imprenditoriale al femminile, con mia madre Mariateresa e mia sorella Raffaella che oggi amministrano l’azienda. Dopo la laurea, ho iniziato a maturare un interesse speciale per gli scarti di questa produzione, molto simbolici ed evocativi. Oggi con Pietre Trovanti ricontestualizziamo nella quotidianità il ruolo delle pietre di scarto della Val d’Ossola. Valorizziamo e trasformiamo la materia selvatica, imperfetta e irregolare in oggetti di design e arte applicata, una risorsa da esplorare in una dimensione etica, poetica, estetica.         

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E il nome da dove nasce?

Quando nel 1940, mio nonno Giovanni Mario Moro, scalpellino di Montemerlo, Padova, giunse in Val d’Ossola, iniziò a lavorare la pietra utilizzando i Trovanti – quelle rocce difformi che si trovano comunemente nei boschi. Presenze materiche di un tempo geologico primordiale, più facilmente conosciute come massi erratici. Mio nonno “sbozzava” i Trovanti in situ e poi venivano trasportati e lavorati a valle. Allora non si parlava di economia circolare, eppure il pensiero alla base di questo approccio veniva già applicato, spontaneamente, nella quotidianità degli scalpellini. Trovanti è anche il participio di ‘trovare’, è un modo per invertire la prospettiva, tra chi trova e chi è trovato.  

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Oggi le collezioni principali sono tre. Potresti raccontarmele? Ci sono novità in arrivo?

I Trovanti sono oggetti che hanno una più facile riproducibilità, Erranti i pezzi non replicabili, mentre la collezione Adam si basa sull’utilizzo di fango di segagione rigenerato dal taglio della pietra, una ricerca nata in collaborazione con l’artista Marta Palmieri e l’architetto Carlo Antonelli. Adam trasforma l’identità di un residuo – il fango, lo “scarto dello scarto” – in materia prima. Progettiamo oggetti insoliti di uso quotidiano, dalle linee sobrie, essenziali, seguendo una visione ispirata dal ciclo della natura: da ogni fine un nuovo inizio. Oggi stiamo ampliando la collezione Nebula – realizzata con l’artista Teresa Carnuccio – in cui il brillìo dei cristalli del marmo palissandro interagisce con i cromatismi e le tonalità evanescenti generate dalla tecnica della cianotipia. Portiamo avanti la collaborazione con la designer argentina Josefina Muñoz, che per noi ha già disegnato gli iconici tavoli Radical Game. Con il designer Saif Faisal, invece, stiamo ampliando Upsidedown, una collezione che mantiene la forma spontanea delle pietre accostandole in composizioni scultoree. 

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Pietre Trovanti collabora con molti designer – i vostri “narratoritra cui Zaven, lo studio veneziano da poco entrato nella lista dei migliori 100 designer di quest’anno, secondo AD Italia. Come scegliete i designer con cui collaborare? Cosa avete prodotto con loro?

Crediamo molto nelle collaborazioni e ci piace scoprire come differenti professionalità, personalità e sensibilità si confrontano con le pietre di scarto per svelarne potenzialità estetiche e progettuali inattese. Le collaborazioni nascono in modo sempre diverso. Con lo studio Zaven abbiamo realizzato In Primis, una collezione di tavolini e di centrotavola in marmo palissandro nata dal recupero di una lastra difforme, recuperando l’antica tecnica della scalpellinatura.

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Chi produce gli oggetti firmati Pietre Trovanti? 

Gli artigiani di Moro Serizzo, senza i quali nessun pezzo delle nostre collezioni esisterebbe. Questa umanità del fare con le mani rappresenta un segno caratterizzante della nostra identità. Il processo di trasformazione artigianale degli oggetti prevede il minor numero possibile di lavorazioni, per ridurre al minimo il consumo energetico. 

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Quali sono le particolarità della Val D’Ossola e del suo marmo ?

La Val d’Ossola, al confine con la Svizzera, è tra i bacini geologici più importanti a livello nazionale. Dall’Ossola, precisamente Candoglia, proviene l’omonimo marmo, che venne utilizzato per la costruzione del Duomo di Milano. È un territorio molto ricco dal punto di vista geologico: qui la pietra, è molto comune il Serizzo, rappresenta un elemento identitario anche dell’architettura tradizionale. La cava di Marmo Palissandro – materiale dalle texture e colori variabili che usiamo molto, per via del caratteristico scintillìo dei suoi cristalli – rappresenta un unicum a livello mondiale.  

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La firma di tutti gli oggetti del brand è l’estetica grezza della pietra che, anche dove è più lavorata, non viene mai privata delle sue naturali irregolarità e del suo intrinseco aspetto “brutale”. Mi spieghi questa scelta?

La naturalità della materia che recuperiamo – dal blocco difforme allo sfrido di lavorazione – è la nostra cifra espressiva e una forma di rispetto verso la pietra e la sua storia. È un percorso interiore di valorizzazione dell’irregolare, dell’imperfetto, dichiarato esteriormente dalla materia cruda e non addomesticata. Nelle nostre collezioni alterniamo finiture lisce e ruvide, lucide e opache, aspre e delicate, contemporanee e primordiali, per esprimere la compenetrazione poetica degli opposti. Gli oggetti Pietre Trovanti sono espedienti per raccontare storie.

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Visitate Pietre Trovanti per scoprire tutte le collezioni e seguite il brand anche su Instagram!
Cover image: Radical Game, Josefina Muñoz, ph. Walter Zerla

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