PROGETTARE IL CIBO CON LE MICROALGHE

Le alghe sono tra gli alimenti più ricchi di nutrienti sulla Terra e anche tra i più antichi e diffusi. Nonostante vengano consumate da secoli – dall’alga Nori giapponese alla Yuyo, alla base della ceviche cilena e peruviana, o la Limu-Kohuo nelle poke bowl tipiche delle Hawaii, dove si consuma la maggior quantità di alghe al mondo – la loro affermazione nel mercato occidentale incontra ancora grosse resistenze. Nel mondo circa il 90% delle alghe viene utilizzato per scopi alimentari mentre in Europa solo il 9%. Per far fronte all’incombente emergenza climatica e alla conseguente insicurezza alimentare a cui dovremmo prepararci, c’è chi sta lavorando per trovare il modo di introdurre alcune specie di alghe nelle diete occidentali del futuro.

Le microalghe, approdate nei nostri supermercati già decenni fa sotto il nome di alga spirulina, sono quelle che meglio si prestano allo scopo perché, come ha scoperto la designer Malu Lücking, sono adattabili nel sapore, nella consistenza e nel colore, quindi comodamente adattabili al gusto del pubblico. 

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Un esempio arriva dal progetto di ricerca ValgOrize che mira a sviluppare alimenti a base di microalghe il cui gusto e profilo nutrizionale possano incontrare le preferenze del consumatore e gli standard europei in ottica zero-waste. Secondo Johan Robbens, coordinatore di ValgOrize e ricercatore dell’istituto fiammingo ILVO, le alghe avrebbero il potenziale non solo di sostenere il futuro incerto del nostro sistema alimentare, ma anche di contribuire a renderlo più sostenibile. Con l’aiuto di Robbens e ILVO, la designer e ricercatrice Malu Lücking ha spinto il concetto di cibo a base di alghe a un livello superiore.

Landless Food è ambientato in un futuro (altamente probabile) in cui, a causa della perdita di biodiversità, gran parte dei sapori che fanno parte della nostra dieta saranno andati perduti. Per ricrearli, Lücking ha “progettato” oggetti edibili a base di microalghe, trasformando questi microrganismi vegetali in fantascientifici spuntini gourmet, da consumare nella nuova quotidianità stravolta dal cambiamento climatico. Landless Food presenta in grande stile un modello efficace per coltivare le microalghe in casa, all’interno di gusci gelatinosi, che servono sia da incubatrice che per consumare il prodotto. Per saperne di più, abbiamo fatto qualche domanda alla designer, da poco laureata alla Central Saint Martins di Londra con un master in Biodesign:

Da dove nasce il tuo interesse per le alghe, e quando è iniziato? 

Il mio interesse per le alghe come “risorsa del futuro” è iniziato qualche tempo fa, durante i miei studi in textile design all’Art Academy di Berlino. In quel periodo mi occupavo molto di questioni legate alla (in-)adattabilità e alla (non-)circolarità dei materiali prodotti da noi esseri umani. È stato allora che ho scoperto le alghe e sono rimasta affascinata dal modo in cui questi organismi si adattano ai cambiamenti delle condizioni ambientali. Le microalghe, ad esempio, sopravvivono anche negli ambienti più ostili, dagli strati ghiacciati ai vulcani, e si adattano e prosperano in qualsiasi ambiente. 

Cosa ti ha spinto a iniziare la ricerca, e qual’è lo scopo di Landless Food? 

Come i tessuti, anche il cibo è legato alla cultura e alla tradizione. L’aspetto culturale ed emotivo è ciò che mi ha fatto interessare ai tessuti ed è lo stesso che mi ha spinto a realizzare un progetto sulle risorse alimentari del futuro. Durante la fase di ricerca ho studiato a fondo la cultura e la storia delle micro e macroalghe. Ho parlato con molte persone, come antropologi e scienziati, della storia e della cultura delle alghe come alimento. È stato allora che ho incontrato Johan Robbens dell’istituto di ricerca ILVO che, proprio come me, era molto entusiasta del potenziale nutritivo delle alghe e abbiamo iniziato a collaborare. 

Le microalghe sono molto affascinanti perché non hanno bisogno di molto per crescere. In un futuro dove condizioni climatiche sempre più critiche diventeranno la nuova normalità, possiamo star certi che le alghe si adatteranno, anche quando gran parte della nostra biodiversità sarà ormai a rischio di estinzione. Ma poiché il cibo va ben oltre il semplice fattore nutritivo mi ha entusiasmato il fatto, per lo più sconosciuto, che le microalghe sono molto più di un superfood: sono anche in grado di soddisfare il nostro desiderio di diversità nei sapori. 

L’obiettivo principale di Landlessfood è aprire/creare una prospettiva positiva sul futuro, molto incerto, della nostra alimentazione. Per me era molto importante avere un approccio onesto, senza però lasciare che paura e ansia prendessero il sopravvento, ma incoraggiando piuttosto ad essere ottimisti: il futuro del nostro cibo potrebbe essere molto diverso da quel che vediamo oggi, ma ciò non significa che quello che ci aspetta non sia eccitante. Si tratta solo di ripensare alcuni sistemi, e di adattarci al cambiamento (come fanno le alghe).

Potresti descrivere come sono stati realizzati i prototipi di Landless Food? Hai davvero “coltivato” i tuoi design in laboratorio?

La prototipazione fisica di Landless Food ha richiesto un lavoro continuo tra il laboratorio e lo studio di design. Durante la prima fase di prototipazione ho lavorato principalmente in laboratorio, studiando le condizioni migliori per far crescere diverse microalghe all’interno di una forma solida tridimensionale. Di solito le microalghe vengono coltivate con la coltura liquida, quindi questo era un approccio abbastanza nuovo, anche per il mondo scientifico. Luce, umidità e temperatura influenzano la crescita delle alghe. Per la fase di progettazione sono tornata in studio. Le forme iniziali sono state realizzate con l’argilla, e poi tradotte in modelli digitali per poter stampare in 3D le forme precise dei gusci in resina trasparente. Infine, tornando in laboratorio, ho impiantato una coltura iniziale dentro la “gelatina” tridimensionale contenente il nutrimento per le alghe. In ultimo, si tratta di monitorare la crescita delle alghe e assicurarsi che crescano felici per le settimane successive.

Per maggiori informazioni sul progetto visitate Studio Malo e seguite la designer su Instagram!

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