Un’analisi della Milano Design Week 2023

Abbiamo parlato delle migliori mostre e prodotti della Milano Design Week, ma cosa ci racconta questa edizione 2023? Quali sono i temi che emergono e cosa ci aspetterà l’anno prossimo?
Cover image Stantec, A Valuable Collection of Things, ph. Agnese Bedini, Piercarlo Quecchia, dsl studio

Sostenibilità a metà

Possiamo dire che – sia per via della tendenza che del buon senso – molte aziende e studi hanno iniziato a creare sempre più stand e allestimenti rispettosi dell’ambiente e riutilizzabili. Così materiali naturali e riciclati sono i protagonisti, sia in alcuni spazi in fiera sia in allestimenti del Fuorisalone. L’aspetto forse un po’ meno green è l’utilizzo di piante e fiori che, per evitare un effetto funereo, appena iniziano a sfiorire e appassire vengono gettati e ricomprati ogni pochi giorni.

Arrivati allo spazio espositivo/installazione, il problema rimane – a volte – la necessità di voler dare al visitatore gadgets e materiale di comunicazione: le tote bag, i cataloghi, i poster… Non bisognerebbe iniziare a proporre nuove soluzioni rispettose dell’ambiente anche da questo punto di vista? Possibilmente evitando proposte come la borraccia impacchettata con la plastica o la tote bag in tessuto sintentico.

Dal punto di vista del prodotto invece ci sono meno soluzioni veramente rispettose dell’ambiente anche perché è oggettivamente difficile cambiare il proprio metodo di produzione per renderlo sostenibile da un anno all’altro. Alcune aziende ci stanno provando, aggiornando componenti o rieditando pezzi già in commercio.

Il problema principale è che tutti vogliono essere per forza sostenibili. Ed è così che in alcuni dei progetti esposti al Salone e al Fuorisalone mancava la trasparenza: per esempio, un divano può essere foderato con un tessuto riciclabile, ma com’è fatta l’imbottitura? Quanta energia viene utilizzata per la produzione di un pezzo? Qual è la durata di vita del prodotto e, soprattutto, come vengono smaltite le componenti al termine di questo tempo? Lo stesso vale per le ricerche di nuovi materiali. È arrivato il momento di affrontare queste questioni in maniera più seria, ma soprattutto trasparente.

Come abbiamo visto con i prodotti citati un paio di giorni fa, la sostenibilità dev’essere a 360gradi: la scelta delle materie prime, l’energia per la lavorazione e per il trasporto, il packaging, la possibilità di smontare e riparare componenti, lo smaltimento del prodotto, la scelta del merchandising… Sono tutte tematiche ugualmente importanti che non possono essere più trascurate. Cambiare può essere un processo lungo, ma essere trasparenti può essere il primo passo per dimostrare la propria volontà.

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GROHE SPA Health Through Water, Milan Design Week 2023

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Style Design

Rimaniamo sulla sostenibilità per parlare di una tendenza che va avanti ormai da anni: abbiamo deciso di chiamarla Style Design per differenziarla dal Design di Progetto, quello originale, che ci ha fatto innamorare dei Maestri e delle aziende del Made in Italy qualche decennio fa.

Probabilmente a causa delle innumerevoli crisi di questi ultimi anni, la tendenza principale delle aziende non è tanto produrre nuovi pezzi quanto nuove variazioni di prodotto. Dagli arredi storici ai più contemporanei, vediamo sempre di più la comparsa di nuove variazioni nelle finiture. Così continuiamo a vedere gli arredi più venduti in tutte le salse: nuovi materiali, nuove scocche, nuovi tessuti, nuove texture. A volte un paio di braccioli in più o una nuova versione outdoor.

Si tratta di una tendenza che è causata da diversi fattori: c’è la necessità di continuare a vendere i prodotti cercando di raggiungere più target possibili e, allo stesso tempo, minimizzando i costi di produzione – la stessa sedia rifinita in pelle invece che in tessuto potrebbe piacere a un cliente diverso rispetto la prima versione. Non è una pratica sbagliata ma di sicuro impoverisce l’offerta di nuove idee da presentare durante le design week e le fiere di settore. 

Come anticipato ci sono state diverse crisi – pandemica, economica e militare – che hanno portato a gravi conseguenze per quello che riguarda i costi dell’energia per la produzione, il reperimento delle materie prime, i ritardi nelle consegne… Si tratta semplicemente di una delle possibili soluzioni ai problemi degli ultimi anni (come la riedizione dei prodotti storici da parte dei brand).

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Alcova 2018, ph. Space Caviar and Studio Vedet

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Spazi per la Milano Design Week, spazi tolti alla città

Come sempre l’evento ha aperto al pubblico degli spazi eccezionali: l’Ex-Macello di Porta Vittoria, il bellissimo Palazzo Orsini in via Borgonuovo, Palazzo Borromeo d’Adda, l’Università Statale di Milano… Ogni anno si aggiunge una nuova location, perfetta per l’effetto Wow, ma quanto costa alla città?

Se partiamo da qualche anno fa, più precisamente da Ventura Projects al Lambrate Design District, le parole di Margriet Vollenberg, fondatrice di Organisation in Design e Ventura Projects, fanno capire la relazione tra l’evento e Milano. Raccontando il motivo per cui Ventura Lambrate era stato cancellato, disse: “Alcuni degli spazi che abbiamo utilizzato per diversi anni, ora non sono più disponibili perché vengono affittati a lungo termine, il che è un processo naturale ovviamente, ma abbiamo anche visto che sono diventati più costosi. A un certo punto è diventato impossibile per il tipo di espositori che volevamo portare a Ventura Lambrate.”
L’evento ha attirato attenzione nel quartiere a tal punto che il mercato immobiliare ha alzato i prezzi, perdendo così uno dei motivi per cui bisognava assolutamente passare a Lambrate, Ventura e i propri espositori: scuole e giovani designer.

Passiamo ad Alcova. Famosa anche per la capacità di aprire luoghi abbandonati e non fruibili normalmente dal pubblico, “si inserisce in un contesto più ampio di speculazione immobiliare”, come scrive Andrea Bagnato per The Architect’s Newspaper. Si è svolto per due edizioni (fino al 2019) in un ex-pasticceria nella parte nord-est della città, un’area occupata da fabbricati industriali dismessi (ex fabbrica di panettoni) in cui dal 2021 è in corso un progetto di “rigenerazione urbana” per la creazione di un nuovo complesso residenziale. Nel 2021 e nel 2022 l’evento si sposta nell’ex ospedale militare di Baggio: nel 2018 ci fu un primo tentativo del governo di vendere lo spazio, fallito. Nel gennaio 2023 un secondo – qualche mese dopo la Design Week.

Quest’anno Alcova si è svolto all’interno dell’Ex-mattatoio pubblico nel quartiere di Calvairate. Lo spazio è parte di un progetto di “rigenerazione” che, secondo la relazione tecnica del piano, vedrà la costruzione di 35 nuovi edifici alti fino a 8 piani, per un totale di circa 120.000 metri quadrati di nuova area edificata, più 1.400 posti auto interrati. Forse la cosa più strana per un evento che vuole fare cultura è stato definire questa location come nuova ed entusiasmante dal momento che, a poche centinaia di metri si trovava lo spazio autogestito di Macao, che ha pagato la rigenerazione con lo sgombero. Qui l’articolo completo per approfondire.

Ultimo ma non meno importante, l’Accademia di Brera e la bellissima protesta degli studenti, “Fuori il Fuorisalone dalla nostra istruzione”, che ha visto una serie di paperelle gialle volare dai balconi fino alla grande vasca di un famoso brand di rubinetteria, nella corte dell’Accademia. Come scrivono sui social, l’installazione sarebbe uno schiaffo agli studenti che usano gli spazi per la formazione. Durante la settimana non hanno aule a disposizione per mangiare e c’è una sola aula libera per studiare (per 5000 studenti).

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Cosa rimane di questa Milano Design Week?

Se da un lato c’è un tentativo sempre più diffuso di approcciarsi alla sostenibilità, dall’altro non è ancora abbastanza e anzi, c’è bisogno di un punto di vista critico maggiore e figure che possano affiancare i professionisti del settore. Vedremo il prossimo anno chi riuscirà a riciclare veramente il proprio spazio e/o i propri materiali.

In generale c’è un grosso problema legato ai costi degli spazi (qui trovate i prezzi del 2023) e all’offerta. Tornando su quello che diceva Margriet Vollenberg: se non ho una proposta adatta ai giovani progettisti, come posso dare loro modo di esporre? Nel momento in cui i prezzi di spazi e location continuano ad alzarsi, come posso garantire alle piccole e medie aziende la visibilità di un grande brand? Allo stesso modo, come diversifico l’offerta di ciò che espongo?

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Ingo Maurer installation at Caselli di Porta Nuova, Milano Design Week 2023. ph. Giuliano Koren
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