Studio GISTO, il design che attiva il cambiamento

Lontano dal design patinato che segue tendenze estetiche e fatica a trovare soluzioni sostenibili, ci sono anche studi e progettisti che sono ancora in grado di mostrare il vero valore politico che può avere il progetto. Uno di questi è Studio GISTO, fondato da Alessandro Mason, architetto, e Alice Cazzolato, psicologa, nel 2010 a Milano – anche coppia nella vita. Il nome è un riferimento alla famiglia (ma anche, come vedremo, alle origini del pensiero dello Studio): si tratta infatti del nome del padre di Alessandro, Gisto – invece che Sisto o Egisto – nato da un errore dell’ufficio anagrafe che lo ha reso l’unico al mondo a chiamarsi così. Quasi un acronimo, che lo studio adotta come nome della propria pratica. (immagine copertina Magnete, ph. Diego Mayon)

Partiamo dalle origini perché è spesso nelle proprie radici che va ricercato il nostro senso personale di design e così è per Alessandro: sin da piccolo frequenta le fucine e i laboratori degli artigiani della zona di Treviso grazie anche al lavoro di fabbro del padre (cioè la figura stilizzata sul biglietto da visita di GISTO – disegnata da Goga Mason, illustratrice e artista, sorella di Alessandro – parte della nuova identità firmata Parco Studio). Questo gli permette di acquisire con il tempo una visione quasi rinascimentale del progetto, come un general contractor, prediligendo un percorso che va dal disegno alla produzione, attento a determinati valori, al di là di tendenze e stili. Si forma poi tra Venezia e Milano in Architettura e inizia subito a sviluppare progetti con amici e a costruirsi la propria rete di artigiani. Con Alice decide poi di fondare lo studio.

Dall’incontro con Joseph Grima, con cui ancora collabora, arrivano i primi incarichi professionali tra cui il progetto presso la Biennale Interieur di Kortrijk del 2014. Qui è già evidente il pensiero e l’approccio al design e all’architettura di Studio GISTO. Per Broel School Demolition, curato da Joseph, il team lavora e trasforma gli elementi di un edificio in centro città in via di demolizione (la Broelshool) per analizzare criticamente questa transizione e accedere alla mostra SQM: The Quantified Home, al primo piano dello spazio. Nello specifico, attraverso il Broelschool Demolition Workshop (video a fine articolo) vengono invitati dieci designer e architetti che realizzano una serie di interventi grafici e fisici sull’architettura della scuola, per fare un esempio, la pensilina per le biciclette viene smontata e riassemblata come scala per creare il nuovo accesso, funzionale alla mostra. Grazie a questo intervento i visitatori hanno l’ultima opportunità di esplorare questo edificio prima della demolizione e della successiva costruzione di appartamenti. Utilizzando la struttura e gli elementi stessi come fonte di materiale riutilizzabile, il laboratorio ha preceduto la distruzione e celebrato la transizione della scuola verso il suo futuro.

Il metodo di Studio GISTO viene declinato anche su altre tipologie di spazi come per esempio il FabLab CfV. Il progetto (2015) risponde a un problema che si è creato in seguito alla crisi economica del 2008-2011 in cui molte aziende hanno chiuso o dichiarato fallimento. Nel momento in cui si andava a vendere i lotti con i capannoni e i materiali residui c’era spesso la presenza di macchine industriali obsolete, difficili da smaltire a causa del loro peso e dimensioni, o di materiali utili ma con un volume talmente ridotto da rendere troppo costoso il trasporto. Studio GISTO lavora in questa “area grigia” attraverso una serie di interviste, una mappatura e poi la progettazione di uno spazio, utilizzando solo materie prime reperite sul luogo e investendo così maggiormente nel costo degli artigiani. Da un robot industriale di 4x6m viene creato un solido soppalco, ringhiere e griglie sono utilizzate come pavimentazione, gli elementi di protezione dei macchinari come ringhiere delle scale del nuovo spazio, create dai parapetti. Un’azione trasformativa senza costo materiale e che aiuta a riutilizzare strutture e scarti difficili da smaltire. “Il cantiere diventa una miniera.”

Questa operazione diventa ancora più interessante con una scala maggiore: se invece che 5 finestre ne ho 400, cosa succede? Con Multiplo per Basis (2019), Studio GISTO lavora presso un’ex-caserma a Silandro e qui porta avanti il proprio percorso esplorando la prototipazione e l’accessibilità. Dopo un attento lavoro di mappatura, il volume delle materie prime era tale da innescare nuovi ragionamenti: in questo caso le strutture sono diventate elementi per il design di arredi e oggetti funzionali al futuro utilizzo dello spazio (centro culturale). In seguito alla progettazione e prototipazione di alcune tipologie, lo studio crea un vero e proprio manuale d’istruzioni, “a metà tra Autoprogettazione e un manuale Ikea”.

Da qui però GISTO si rende conto che oltre i macchinari e le strutture – i pezzi “readymade” – il problema principale sono le grandi quantità di materiali inerti da smaltire. “Il recupero di certe risorse è un’abitudine antica, pensiamo al cocciopesto o ai pavimenti alla veneziana, il riutilizzo dello scarto era diventato un’arte. Si tratta di un problema culturale e abbiamo deciso di lavorare su questo aspetto più sociale della tematica”. Nasce Frantoio Sociale, in collaborazione con Hund Studio: come racconta il nome, l’ispirazione è quella del mondo agricolo, delle cantine o frantoi sociali in cui la comunità andava a lavorare la materia prima e tutti contribuivano al risultato finale, un evento che diventava anche una festa per la collettività. Così Frantoio Sociale vuole declinare questa idea per la trasformazione di spazi e il riciclo dei cosiddetti “scarti”. Al centro dell’ideale frantoio c’è la macchina demolitrice Crunchy, parte di una linea di prodotti ideata e realizzata da Meccanio Srl.

Il progetto prende il vivo 3, 4 anni fa: a Venezia con un gruppo di studenti viene declinato in una mappatura dei materiali di scarto naturali e creati dall’uomo (vetro di murano, sassi, conchiglie, scarti di marmo e mattoni) e tradotto poi in un racconto di Venezia, una lettura materica della città. Per i tre anni successivi partecipa al Fuorisalone con eventi che coinvolgono artisti e designer, mentre al momento Frantoio collabora con Studio Ossidiana per gli interni della GAMEC di Bergamo. In questo caso il progetto si declina in “uno strano servizio distopico”: i materiali per il nuovo interior design del museo firmato da Ossidiana verranno in parte recuperati dalla città e da ex cave attorno alla provincia. Gli scarti verranno poi trasformati attraverso un laboratorio per essere riutilizzati nello spazio.

Frantoio Sociale è un progetto che nasce per collaborare, non prevede il design di arredi o forme finali ma un servizio che viene messo a disposizione della collettività per aiutare a creare un cambiamento a livello culturale e progettuale. Questa visione possiamo anche trovarla negli interventi di interior design creati da Studio GISTO, infrastrutture che vengono messe a disposizione della comunità, come in Magnete per Proges, (ACC Milano, 2022): qui il lavoro di ricerca, che parte già da progetti precedenti come la scenografia per Diranno che li ho uccisi io o più recenti come gli arredi per Parco Gallery, viene applicato a un auditorium di un centro comunità. Lo studio ha destrutturato l’idea di spettacolo creando una matrice di oggetti che può rispondere a diverse necessità: il palco è fatto da un sistema di panche-gradoni e tavoli, il “foyer” di 3x5m è uno spazio smontabile con librerie e lavagne che diventano divisori, così come l’impianto luci, impostato su un sistema a graticola che permette completa versatilità. Tutti gli arredi sono stati progettati con ruote per facilitare il trasporto. Una soluzione intelligente e flessibile che risponde ai bisogni di uno spazio complesso che può ospitare concerti, feste, mercatini, laboratori.

Recupero di materiali, accessibilità degli spazi, cambiamento culturale, psicologia applicata al design, questi sono solo alcuni dei temi affrontati dai progetti di GISTO. Lavori site-specific che attivano processi di trasformazione e non rispondono ad un estetica precisa se non quella della loro stessa funzione, a volte pensata per la comunità, a volte riassemblata, a volte frutto di mappature e risorse locali. Per scoprire altri progetti e saperne di più visitate il nuovo sito – anche questo risultato di un ottimo lavoro di lettura ed interpretazione dello studio da parte di Parco – e seguite GISTO su Instagram!

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